E’ di 272 morti e oltre 2.000 feriti il bilancio del terremoto di magnitudo 7,8 della scala Richter che ha colpito l’Ecuador nella notte tra venerdì e sabato scorsi. Secondo il presidente, Rafael Correa, rientrato anticipatamente da Roma, il numero delle vittime “continuerà a salire, anche in modo considerevole”. La città costiera di Pedernales risulta essere la più devastata, ma in tutto sono sei le province interessate. Diecimila i soldati inviati sul posto mentre ancora si scava tra le macerie in cerca di superstiti.
Papa Francesco ha ripetuto in un tweet la preghiera di ieri al Regina Caeli: “Preghiamo per i popoli dell’Ecuador e del Giappone, colpite da violenti terremoti. L’aiuto di Dio e dei fratelli dia loro forza e sostegno”. Intanto è in moto la macchina degli aiuti internazionali. L’Unione Europea ha stanziato un milione di euro, in prima fila anche Caritas. Marco Guerra per Radio Vaticana ne ha parlato con Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas Italia:
R. – Sì, ci siamo messi subito in contatto con il direttore di Caritas Ecuador, Mauricio López, e tramite lui col presidente, mons. Heras. La preoccupazione è molto alta, perché l’area colpita alla fine è molto vasta e non è stata ancora raggiunta tutta: alcuni villaggi sono ancora abbandonati a se stessi. Quindi, il rischio che i danni, i morti, i feriti, insomma il conto finale di tutto questo sia destinato a crescere è molto alto. Lo stanziamento dei 100 mila euro da parte della nostra presidenza è solo un gesto. In realtà, ci sarà bisogno di uno sforzo enorme per l’emergenza e per la ricostruzione. E’ un Paese già molto povero, con un 20% della popolazione in povertà assoluta ed un 10% con fabbisogni alimentari di base. Pensiamo, quindi, che in questa situazione sarà necessario un lavoro di lungo periodo.
D. – Cosa serve e cosa è richiesto per gli aiuti e dalle squadre di soccorso?
R. – Queste sono le fasi del salvataggio delle vite umane e della rilocazione di tutti coloro che hanno perso la casa in strutture o, addirittura, in campi profughi, dipende dai numeri. Pare che i numeri siano piuttosto alti, quindi c’è anche il rischio di una fase lunga con campi, tende, container e così via. C’è tutto il problema, poi, di coloro che hanno subito dei traumi permanenti: sia fisici sia psicologici. Di solito in questi casi, purtroppo, vi sono varie situazioni dal punto di vista fisico, come quelle che riguardano la spina dorsale, che implicano una terapia di lungo periodo. C’è, quindi, un lavoro molto attento anche da parte della Pastorale sanitaria. Ecco perché queste emergenze complesse comportano un lavoro di lunghissimo periodo, purtroppo di anni, dove la nostra solidarietà non potrà e non dovrà mancare, col supporto di tutti.
D. – E’ presumibile che anche la Chiesa locale sia in prima linea nel fronteggiare questa necessità di aiuti e nel portare soccorso…
R. – La storia e l’esperienza ci insegnano che la Chiesa locale è molto attiva, molto vivace. Noi con loro abbiamo lavorato da anni in tutto il Paese su un sistema di microprogetti di sviluppo – scuole, ospedali, acqua, agricoltura – e hanno lavorato egregiamente. Sulle emergenze sono sempre stati molto attivi. Queste prime ore ci stanno dando gli stessi identici segnali. Confidiamo, dunque, che il loro lavoro sul posto, col supporto evidentemente di tutti noi, sarà molto fruttuoso.
E anche medici e operatori sanitari di diverse Ong stanno raggiungendo le aree più colpite. Per il punto della situazione abbiamo intervistatoRiccardo Sansone, responsabile per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia:
R. – Le province colpite sono sei e quindi in termini di danni alle infrastrutture, la possibilità per la popolazione di accedere all’acqua pulita e al cibo sono abbastanza ingenti. La situazione è un po’ critica. Noi abbiamo inviato un’equipe di esperti che sta raggiungendo le aree colpite per fare un’analisi di dettaglio dei bisogni e capire come effettivamente indirizzare l’intervento che Oxfam potrà fare nelle prossime ore, soprattutto mirata a interventi salvavita come garantire l’accesso all’acqua e al cibo.
D. – Quali sono le criticità di queste ore?
R. – Le criticità di queste ore sono queste: sicuramente c’è da salvare le vite di coloro che magari sono rimasti ancora sotto le macerie e c’è da approntare il sistema degli aiuti. La parte relativa al coordinamento in questi momenti è estremamente importante perché permette anche di raggiungere aree che sono difficilmente raggiungibili a causa della distruzione provocata dal terremoto.
D. – Qual è stata la risposta del governo? Sul terreno è già attivo il circuito della solidarietà internazionale…
R. – Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza in queste sei province colpite. Al momento, ancora non ci risulta che abbia fatto richiesta ufficiale di sostegno internazionale. Si tratta di capire se lo farà nelle prossime ore. Il governo negli ultimi anni ha investito molto sulla capacità di rispondere ai disastri. Tutto dipende dall’entità: se nelle prossime ore verrà confermato che l’entità del danno è abbastanza ingente, potrebbe chiedere anche l’intervento internazionale. Detto questo le organizzazioni come la nostra, che sono presenti nel Paese da diversi anni, hanno anche un po’ il dovere morale di intervenire per assistere le comunità con cui lavoriamo da sempre. Ovviamente, lo faremo in stretto raccordo con le autorità nazionali anche a livello locale.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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