Lo ha detto Laura Sgrò, legale della famiglia di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa a Roma nel 1983, in riferimento al ritrovamento di ossa in un locale annesso alla sede della Nunziatura apostolica di via Po, a Roma.
Le ossa ritrovate in un locale annesso alla sede della Nunziatura apostolica che potrebbero appartenere anche a più di una persona riaprono il caso della 15enne scomparsa nel 1983 e mai più ritrovata. Il giorno seguente alla notizia di quelle che potrebbero essere le ossa di Emanuela Orlandi o Mirella Gregori, scomparsa in circostanze analoghe e a breve distanza, la famiglia Orlandi chiede chiarezza.
Potrebbero appartenere a due persone differenti le ossa ritrovate in un edificio adiacente al Palazzo della Nunziatura vaticana. Secondo quanto si apprende da fonti qualificate, infatti, durante i lavori di rifacimento del pavimento gli operai avrebbero ritrovato uno scheletro quasi intero e, in un altro punto, altri frammenti di ossa.
Si è svolto ieri sera, intorno alle 21.30, un nuovo sopralluogo della polizia Scientifica all’interno della Nunziatura, dove sono state ritrovate alcune ossa che saranno analizzate per verificare se possano appartenere a Emanuela Orlandi o a Mirella Gregori. La scientifica assieme agli uomini della Squadra Mobile erano intervenuti al momento della segnalazione del ritrovamento, ovvero due giorni fa.
Anche stamattina la Nunziatura è presidiata, come tutti i giorni, da due militari e all’interno proseguono i lavori di ristrutturazione, gli stessi che hanno portato al ritrovamento della ossa. «Qui si sentono sempre i rumori dei lavori degli operai e del servizio di giardinaggio», spiega un residente. La struttura è blindata e alcuni religiosi sorvegliano a distanza i rari momenti in cui vengono aperte le entrate.
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Se si riuscirà ad estrarre il Dna dai resti basteranno 7-10 giorni per capire se sono effettivamente quelli di Emanuela Orlandi. Lo afferma Giovanni Arcudi, direttore della Medicina Legale dell’università Tor Vergata di Roma, secondo cui altrimenti gli esami potrebbero richiedere tempi più lunghi.
«L’estrazione del Dna e le analisi conseguenti, come il confronto con quello della persona a cui si sospetta appartengano i resti o i familiari, non richiedono molto tempo, si possono fare in 7-10 giorni – spiega l’esperto -. Non sempre però si riesce a ricavare del materiale genetico utilizzabile, dipende sempre da come sono conservati i resti, e anche da che tipo di ossa abbiamo».
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