In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
È bella e coinvolgente l’immagine che ci viene offerta dal Vangelo di oggi: una donna peccatrice è prostrata ai piedi di Gesù. Ha cosparso di prezioso unguento i suoi piedi e, come un’umile schiava, prostrata dinanzi al suo Signore, li copre di baci e li asciuga con i suoi lunghi capelli. Rivela quella donna peccatrice un amore davvero grande, è l’amore che ha sperimentato la gratuità del perdono, che gode di sentirsi interiormente rinnovata. Deve dire e ridire perciò al suo amato la propria gratitudine, sta cercando di ricambiare quanto ha ricevuto… Quei piedi che lei bacia ripetutamente si sono mossi verso di lei per farle gustare una gioia mai prima sperimentata. Ora è a mensa con Lui, è diventata commensale e familiare di Cristo; tocca e unge quel corpo che sarà martirizzato sulla croce perché il perdono, di cui lei beata già gode, diventi un dono per tutti. Come suonano stridenti le meschine considerazioni del fariseo, ancora legato al suo sterile legalismo. Chi non è capace di amore non sa comprendere chi esprime amore anche nel modo più candido. La grettezza crea i sepolcri dell’amore e ammanta di ipocrisia. Siamo capaci di condividere i sentimenti della peccatrice se anche noi, dopo una bella confessione, abbiamo sperimentato la gioia del perdono, il gaudio per una vita rinnovata e la nostra rinascita in Cristo. Che differenza tra il ritualismo tutto esteriore e sterile di Simone e la testimonianza accorata della donna che si sente amata e perdonata! Lei sperimenta finalmente la libertà di amare, la gioia di amare, la freschezza di sentire l’animo sgombro dal male. Il suo debito è stato completamente condonato e lei sa che «Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato». Si sente salvata e redenta completamente dal suo male, che per tanto tempo l’ha pervasa nell’anima e nel corpo, sente già quella pace profonda che tra breve lo stesso Gesù gli annunzierà: «Ti sono perdonati i tuoi peccati» e «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». È una delle formule con cui il sacerdote confessore conclude il rito della confessione: ripete ad ogni pentito lo stesso augurio di salvezza e di pace.
Commento a cura dei Monaci Benedettini Silvestrini
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