Secondo il documento,
a casa i genitori non sono adatti a compiere questo compito, si legge nel testo dell’Oms, per questo tale carenza deve essere colmata dalle scuole. Il documento invita a liberalizzare l’aborto e segue le orme lasciate da un precedente testo Onu, gli “Standard per l’educazione sessuale”, che spinge a incoraggiare, fin dall’età di 4 anni, i bambini a parlare dei propri problemi sessuali, far conoscere loro che esiste anche l’amore omosessuale e aiutarli a considerare la loro “identità di genere”. Concetto, quest’ultimo, su cui l’intero documento ritorna più e più volte, facendo pressione sugli Stati «perché pongano la prospettiva di “genere” al centro di tutte le politiche, programmi e servizi». Insomma, c’è spazio per tutto. Tranne per una cosa, la fertilità. Lo scrive su Time la femminista Camille Paglia, voce ancora una volta fuori dal coro, che commenta così i canoni educativi che le scuole americane stanno seguendo, anche qui votati alla “teoria del gender”. C’è un rifiuto a riconoscere le differenze di genere «che inganna sia i maschi che le femmine. I generi dovrebbero essere separati dall’assistenza sessuale. È assurdo negare la dura realtà che l’uomo ha meno da perdere in rapporti sessuali casuali rispetto alla donna, che rischia la maternità e una cui futura maternità rischia di essere compromessa dalla malattia». A un ragazzo, quindi, vanno insegnate alcune norme etiche e morali di base, come non approfittare di appuntamenti con ragazze ubriache, mentre una giovane deve imparare a distinguere l’accondiscendenza sessuale dalla popolarità. «Ma, soprattutto, alle ragazze servono consigli per fare programmi sulla propria vita. Troppo spesso l’educazione sessuale definisce la maternità come una patologia, per la quale la cura è l’aborto. Le adolescenti femmine devono pensare più a fondo riguardo al loro scopo e desiderio ultimo. Se vogliono sia i figli che una carriera lavorativa, dovrebbero decidere se avere bambini prima o dopo. Ci sono vantaggi, svantaggi e compromessi per ognuna di queste scelte» .L’OMS, al momento della sua fondazione, la costituzione dell’organizzazione fu ratificata da 25 stati. E’ governata da 195 stati membri attraverso l’Assemblea mondiale della sanità (World Health Assembly – WHA), convocata annualmente in sessioni ordinarie nel mese di maggio. Questa è composta da rappresentanti degli stati membri, scelti fra i rappresentanti dell’amministrazione sanitaria di ciascun paese (Ministeri della sanità). Le principali funzioni dell’Assemblea consistono nell’approvazione del programma dell’organizzazione e del bilancio preventivo per il biennio successivo, e nelle decisioni riguardanti le principali questioni politiche. È un soggetto di diritto internazionale, vincolato, come tale, da tutti gli obblighi imposti nei suoi confronti da norme generali consuetudinarie, dal suo atto istitutivo o dagli accordi internazionali di cui è parte. La giurisprudenza internazionale ha precisato che esiste, a carico degli stati, un “obbligo di cooperare in buona fede per favorire il perseguimento degli scopi e degli obiettivi dell’Organizzazione espressi nella sua costituzione”. Le gravi ingerenze ideologiche provocate dalla recente nota ratificata in sede di consiglio, è un’ulteriore passo verso la “normalizzazione” delle differenze. Come tutte le altre strutture politiche, l’OMS, procede ad assecondare le “istruzioni” della teoria del genere. Come può una struttura di garanzia, assoggettarsi alle ideologie sociali?
Quanto all’educazione negli Usa, Paglia chiama a rivedere i principi su cui si basa, troppo influenzati dalle propensioni di docenti e volontari che entrano poi in classe. E non basta catalogare come bigotte e conservatrici le critiche di chi vuole riformulare l’approccio al sesso nelle scuole: i liberal, di fronte a chi chiede che l’astinenza sia proposta come come sola educazione sessuale, condannano il tutto come «imposizione di “paura e vergogna” sui giovani. Ma forse potrebbe essere utile una paura e una vergogna che abbia un po’ più di istinto di conservazione in un ambiente come quello di oggi, edonistico e “media-saturated”». La ribellione al culto della verginità ha lasciato il caos. «I giovani sono oggi bombardati prematuramente con immagini e messaggi sessuali. Le ragazze, di routine vestite in modo seduttivo, sono mal preparate a negoziare l’attenzione sessuale che catalizzano». Per questo bisogna ripensare all’educazione nelle scuole, scomponendola in più figure professionali. In primis qualcuno che dia ai ragazzi un approccio biologico ad ogni aspetto della sessualità, e non «la viscida chiacchiera per sentirsi bene che ora infesta i libri di educazione sessuale». E poi, va bene insegnare i rischi legati alle malattie del sesso e alla loro trasmissione, «ma la scuola pubblica non è il posto dove distribuire preservativi. La distribuzione del condom deve essere lasciata agli ospedali, alle cliniche e alle agenzie di servizi sociali». E infine, «la scuola pubblica non ha interesse a fare l’elenco delle varietà di gratificazione sessuale, dalla masturbazione al sesso orale o anale». L’omosessualità, da questo punto di vista, è un tema impegnativo: «Le campagne anti-bullismo, per quanto lodevoli, non devono sconfinare in sostegni politici o cause sui diritti dei gay». a cura di Giovanni Profeta
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