«Noi siamo nati per combattere la sorte» scriveva Stefano D’Orazio in Rinascerò rinascerai mandata in radio con Roby Facchinetti a primavera per sostenere la lotta al Covid-19 dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo.
Ma a vincere venerdì sera col batterista dei Pooh, 72 anni, è stata proprio la sorte, gettando il mondo della musica in quello sgomento che stringe il cuore non tanto quando se ne va un personaggio famoso, ma un’anima buona. «Era romano e quindi dotato di un’umanità che sprizzava da tutti i pori» ricorda il chitarrista Dodi Battaglia.
«Quando a simpatia lo paragonavo a Walter Chiari, perché aveva quell’empatia travolgente lì, unita a una grande intelligenza. Se noi Pooh siamo riusciti ad essere realmente gli “amici per sempre” della canzone lo dobbiamo molto a lui. In un gruppo come il nostro ognuno ha un ruolo e il suo, grazie a una spiccatissima attitudine naturale, era quello manageriale. Era mio fratello. Non per legame genetico, ma per scelta di vita».
UN VIDEO DI STEFANO CON LE PAROLE DELL’ADDIO
A prendersi il batterista di Uomini soli è stato il Covid, agevolato dalla forte immunodeficienza che gli aveva causato una vecchia infezione per la quale, dopo numerosi tentativi, sembrava finalmente riuscito a trovare la cura.
Ricoverato da una settimana presso la struttura Columbus del Policlinico Gemelli di Roma, D’Orazio ha visto compiersi il suo destino in poche ore, lontano dagli affetti e dalla moglie Tiziana Giardoni, sposata nel 2017 dopo un decennio di convivenza mettendo fine a una vita da scapolo lastricata di relazioni da rotocalco come quelle con Lena Biolcati ed Emanuela Folliero