R. – Dei quattro punti, il primo è legato alla pubblicità: al divieto, alla richiesta di inserire un divieto totale per le pubblicità, perché diventa oggi un continuo messaggio, un continuo incentivo per il cittadino ad andare a giocare. Un altro punto è legato ai comuni, alle regioni che devono avere la possibilità di tutelare i cittadini attraverso delle leggi specifiche: chi vive il territorio deve avere la possibilità di aiutare, stare vicino ai propri cittadini. Un terzo punto è finalmente riconoscere il fatto che , il gioco d’azzardo può dare delle dipendenze psicologiche mentre oggi paradossalmente in Italia il gioco d’azzardo non è ancora riconosciuto nei “lea” (livelli essenziali di assistenza). E infine, si chiedeuna moratoria per i nuovi giochi, quindi che non ne siano inseriti di nuovi e che lo Stato veda il gioco d’azzardo non solo come un bacino per fare cassa …
D. – Per quanto riguarda lo stop alle pubblicità del gioco d’azzardo, non è sufficiente per voi la regolamentazione di una fascia protetta?
R. – Assolutamente no! La bozza del sottosegretario Baretta che abbiamo visto è su questo punto – a mio avviso – ridicola! Una regolamentazione che va dalle quattro alle sette del pomeriggio a esclusione dei canali sportivi, delle manifestazioni sportive, è veramente una cosa non solo inutile, ma che persino sembra una foglia di fico paradossale. Non può essere quella, la limitazione alle proposte di gioco d’azzardo e alla diffusione di immagini, di segnali, di comunicazioni che tendono soprattutto a raggiungere le persone più fragili che credono davvero che con il gioco si possa risolvere la loro vita.
D. – Ecco: l’azzardo come risorsa economica per lo Stato. E qui nasce un’altra riflessione. Voi dite: la cura delle persone affette da “gap” (gioco d’azzardo patologico) – disturbo da gioco d’azzardo – dev’essere a carico dello Stato e non a carico dell’industria dell’azzardo. Ma non è anche una contraddizione in termini, il fatto che da una parte lo Stato legalizzi l’azzardo e poi debba occuparsi della cura di chi finisce vittima dell’azzardo?
R. – No. A mio avviso, no. Anzi. Sarebbe una contraddizione che fossero le industrie per il gioco d’azzardo a occuparsi dei giocatori patologici, perché l’industria del gioco d’azzardo persegue una propria “mission” che è commerciale. Le persone più fragili nel nostro Stato devono essere curate dallo Stato che in qualche modo si ritrova anch’esso in un conflitto di interessi, perché permette e liberalizza nuovi giochi, incassa denaro, cioè 8 miliardi di euro all’anno; deve però anche farsi carico di coloro che perdono il controllo del gioco, che acquisiscono una sorta di patologia.
D. – Continuano a fiorire nuove possibilità di gioco: questo è un fenomeno in crescita e riguarda anche i giovanissimi …
R. – Non dimentichiamo che l’ultimo governo Berlusconi aveva dato la possibilità di inserire due nuovi tipi di gioco, che per ora non sono stati inseriti. Uno è il “poker live” – le sale da poker dal vivo – e l’altro era la cosiddetta “lotteria al consumo”, nella quale la massaia che faceva la spesa poteva decidere di lasciare il resto, di non ritirare il resto alla cassa, partecipando a una grande lotteria nazionale. Questi progetti sono chiusi in qualche cassetto, da qualche parte; vorremmo che rimanessero chiusi lì. Rispetto ai giovanissimi, il Consiglio Nazionale delle Ricerche ci dice che il 44% degli studenti tra i 15 e i 19 anni ha giocato d’azzardo almeno una volta nell’ultimo anno; ha giocato il 42% dei 17enni, il 40% dei 16enni e persino il 36% dei 15enni! Quindi, il gioco d’azzardo è sicuramente un problema anche per le giovani generazioni, anche quando per legge in teoria non potrebbero giocare; soprattutto è un problema importante, oggi, perché tramite cellulari, Iphone, Ipad sono disponibili proposte di gioco online che molto facilmente possono affascinare i più giovani.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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