Nella parrocchia dello Spirito Santo a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, dal 1964 è sepolto il servo di Dio Giuseppe Ottone, morto a neppure 13 anni compiuti. «La vita di questo ragazzo va conosciuta di più», auspica don Sergio Rossetti, parroco della chiesa del Santissimo Salvatore a Castelpagano (Benevento) dove Peppino nacque il 18 marzo 1928 e venne battezzato quattro giorni dopo.
«Fu concepito in seguito a una violenza sessuale subita dalla madre che decise di non tenerlo con sé. Così arrivò al brefotrofio provinciale di Benevento con pochi oggetti: una fascia di tela, un pannolino e una cuffia». Il 22 novembre il piccolo, a otto mesi di vita, fu preso in affidamento e poi adottato da Maria Capria che lavorava come smacchiatrice ed era sposata con Domenico Ottone, cameriere; non potendo avere figli, lei aveva fatto il voto di allevare un bambino. La famiglia si trasferì prima a Napoli e poi a Torre Annunziata.
«Peppino voleva molto bene alla mamma, alla quale prometteva una vita più agiata quando sarebbe stato grande, una consolazione in più per le tante mortificazioni che le procurava il papà», ricorda don Sergio. Infatti tra i genitori adottivi i rapporti erano tesi: il padre era irascibile e violento e lui aiutava la madre nel sopportarlo quando era ubriaco. La fede gliela aveva trasmessa lei; il 26 maggio 1935, quando aveva sette anni, fece la Prima Comunione, sviluppando una grande devozione al Sacro Cuore di Gesù e alla Madonna, venerata nell’immagine custodita a Pompei. Spesso inforcava la bicicletta oppure arrivava a piedi al Santuario per raccogliersi in preghiera. Ma questa contemplazione si traduceva in azione, sottolinea don Rossetti «I poveri erano i suoi prediletti tra gli amici.
Ogni mattina consegnava la sua colazione a un vecchietto che l’attendeva e spesso cedeva anche il suo pranzo di nascosto a qualche bisognoso; a volte invitava a casa qualche compagno meno fortunato». Giuseppe voleva diventare un ufficiale di Marina, ma il suo percorso sarà diverso. La madre doveva affrontare a Napoli due interventi chirurgici molto delicati e lui temeva che morisse. «Era il momento di una grande prova per il ragazzo. Il giorno in cui Maria avrebbe dovuto essere operata, il 3 febbraio 1941, Peppino replicò con forza quello che tante volte aveva già pensato: si offrì al Signore al posto della mamma. Mentre saliva per il Corso di Torre Annunziata con degli amici, trovò per terra un’immagine della Vergine di Pompei, la raccolse e baciandola disse: “Madonna mia, se deve morire mamma, prendi me”.
Furono le sue ultime parole, poi divenne pallido e cadde svenuto, non riprendendo più conoscenza », racconta don Sergio. Ricoverato d’urgenza e raggiunto dalla mamma, che seppe del malore del figlio adottivo e non si operò più, Peppino si spense alle quattro del mattino seguente, mentre lei al suo capezzale recitava il Rosario. «Gesù aveva accettato il sacrificio del piccolo martire e accoglieva la sua anima nella luce», mentre Maria guarì completamente e si è spenta a 88 anni nel 1983; la fase diocesana del processo di beatificazione si è chiusa il 4 marzo 1975 e ora in tanti sperano che Giuseppe in futuro possa salire all’onore degli altari.
Fonte www.avvenire.it/ Laura Badaracchi
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