Della situazione drammatica la Radio Vaticana con Sergio Centofanti ha parlato con un sacerdote centrafricano,don Mathieu Bondobo, attualmente a Roma.
R. – Questa notizia è davvero triste e grave. All’inizio ci siamo sempre impegnati a dire che questo conflitto è politico, non è interreligioso; ma il fatto di attaccare così una parrocchia, in modo voluto, ci fa paura, perché è un dato forte per dire che il conflitto sta diventando sempre più interreligioso. E questo ci aiuta anche a dire che noi confessioni religiose dobbiamo aprire gli occhi per non essere manipolati dai politici, perché basta poco per cadere in questa trappola! Questo popolo ha sempre coabitato, con le varie confessioni religiose presenti, e quindi non è oggi che possiamo incominciare a farci la guerra. Però, dobbiamo essere pronti e vigili per evitare queste trappole. Ripeto, con quello che è successo, basta poco perché nasca di nuovo la vendetta nel cuore delle persone …
D. – Perché questo attacco?
R. – Non ho un’idea chiara sulle motivazioni, sulle cause esatte di questo attacco. Ma bisogna dire che questa parrocchia – Nostra Signora di Fatima – si trova in una zona molto vicina ad un quartiere dove già girava voce che alcuni dei ribelli si fossero infiltrati, si fossero concentrati in quella zona. E quindi una parrocchia molto periferica è una zona un po’ di fuoco e quindi basta poco che ci siano attacchi di questo genere.
D. – Qual è il ruolo della Chiesa in questa situazione e cosa fanno le parrocchie a Bangui, in particolare?
R. – Diciamo che da quando questo conflitto è iniziato, la Chiesa cattolica ha sempre fatto moltissimo: la Chiesa cattolica è a favore della pace … E quindi, questa parrocchia di Nostra Signora di Fatima, come tutte le parrocchie della capitale, di Bangui, è diventata un sito di accoglienza. Quindi, tutte le persone che non si sentono più in sicurezza hanno trovato rifugio dentro la chiesa: questo è il fatto grave. E quindi, questa chiesa – come tutte le altre parrocchie della capitale – accoglie tante persone, ma le chiese non sono protette! E qui voglio fare un appello alle istituzioni internazionali, affinché aprano gli occhi: una parrocchia a favore della pace che accoglie tante persone e che non viene protetta … non è normale! E così tra le vittime ci sono tante persone – nella maggioranza cristiane, senz’altro, ma anche tutte le altre persone – che nel loro quartiere non hanno trovato sicurezza e che si sono rifugiate all’interno.
D. – Sembrava che la situazione fosse più tranquilla, in Centrafrica …
R. – Le ultime notizie ci dicevano questo. In Centrafrica in generale, no; ma la capitale, ultimamente era un po’ sotto controllo, nel senso che le attività sono riprese, cioè la vita stava incominciando a riprendersi, nella capitale Bangui: queste erano le ultime notizie. Però, questo fatto ci fa capire che c’è ancora molto da fare.
D. – La popolazione di Bangui ha perso la speranza?
R. – Non ha perso totalmente la speranza, ma un po’ di dubbio, nel senso umano, c’è. E’ chiaro che la paura rinasce nel cuore delle persone; credo che oggi sia difficile girare in questi quartieri oppure uscire di casa: la gente sicuramente ha paura. Ma la speranza l’abbiamo sempre, perché non abbiamo alternativa: dobbiamo arrivare alla pace.
D. – Le truppe internazionali che cosa hanno fatto e che cosa avrebbero potuto fare, in questa situazione?
R. – A dire la verità, sarebbero potute intervenire il più presto possibile. Dalle notizie che ho ricevuto, queste truppe si trovavano a meno di un chilometro da dove è accaduto questo fatto. Sono stati contattati: ci hanno messo ore, ore e ore per intervenire! Se lo avessero fatto prima, credo che il peggio avrebbe potuto essere evitato …
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