Strage a Napoli / Giulio Murolo, il dramma di una “fiction” che lascia il sangue sull’asfalto

Se fosse un video gioco, Giulio Murolo, l’infermiere di 48 anni che ieri a Napoli ha ucciso quattro persone – tra cui la cognata e il fratello – e ne ha ferite cinque o forse sei, avrebbe ottenuto un ottimo punteggio. Certo, se avesse ammazzato anche i feriti, di punti ne avrebbe ancora di più. E ora, col Game over potrebbe tornare al Menù, ri-iniziare cliccando su Start, e tutti i pupazzetti si sarebbero rialzati.
Ma, tragicamente, non era un video gioco. Chi è a terra, è morto. Chi è all’ospedale è ferito. Chi ha sparato è un assassino e ora vengono gli ispettori, quelli della medicina legale, le ambulanze, le volanti e portano via ammanettato quest’uomo di mezza età, incensurato e con un lavoro. Perché da Napoli ti aspetti una sparatoria per motivi di cosche, di camorra, di malavita, di territori da difendere, di capi nuovi contro capi vecchi ma non ti aspetti una strage a fucilate dal balcone di un uomo con famiglia e lavoro: cioè che neppure era disoccupato. Non ti aspetti che il motivo sia, non futile, ma inesistente: un filo per i panni da stendere. La gente lo vuole linciare e lui dice “ho fatto una c***ta”. Lo ripete tante volte. E tu pensi che a 48 anni – ma anche a 18 – i confini tra i videogiochi e la realtà ce li dovresti avere chiari. Non è una c***ta. Lo è la prima ubriacatura che passi tutta la notte a vomitare e tuo padre e tua madre sono lì in corridoio a dirti: hai fatto una c***ta. Ma se spari dal balcone sui passanti dopo aver ammazzato fratello e cognata, forse – ma sono amaramente ironico – sei un assassino.
Un testimone oculare, dice di aver sentito almeno una quindicina di detonazioni. “Inizialmente – spiega – ho pensato che potesse essere una fiction perché qui vicino hanno girato Gomorra. Poi ho visto un ragazzo sul motorino, riverso a terra, e l’uomo armato di fucile che entrava e usciva dal balcone della sua abitazione sparando all’impazzata. “ Una fiction, appunto, un videogioco.
Murolo, quando ha smesso di sparare più di quindici volte contro altre persone di passaggio, perché aveva già ammazzato chi era in casa, si è messo a gridare “Non mi sparate”: come si faceva da bambini quando si giocava nascosti dietro la poltrona del salotto buono.
Abbiamo esattamente perso il senso della realtà: tutto tracima liquido tra vita, gioco e fiction. Non è stato solo il filo dei panni da stendere la probabile causa di questa mattanza ma un altro filo che ci sta facendo inciampare e per il quale chiamiamo c***te le gesta di sangue e diciamo “non mi ammazzate” quando la canna dei fucili dei tiratori scelti è rivolta verso di noi. Le pozze di sangue sull’asfalto sono vere e “pum pum” non l’abbiamo fatto con la bocca. Abbiamo perso, letteralmente, il senso della realtà. Questa è la notizia. Questo è il filo d’Arianna spezzato che ci fa morire.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da IlSussidiario.net

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