La notizia di cronaca è che oggi sembra di essere ai tempi della desolazione di Isaia. Si parla di almeno 25 morti, tra cui sei bambini, e 35 feriti a causa di 25 chili di tritolo. È il bilancio dell’esplosione avvenuta oggi al Cairo in un edificio che fa parte del complesso della cattedrale copta di San Marco nel quartiere Al Abasiya, sede del capo spirituale, papa Teodoro II, centodiciottesimo patriarca di Alessandria.
Accanto a questa tremenda notizia che campeggia nella cronaca mondiale, c’è n’è un’altra, piccola. che campeggia nella cronaca locale, in quella romana però il successore di Pietro le tiene assieme: oggi i bambini portano in piazza san Pietro i bambinelli dei loro presepi e il papa li benedice.
La differenza tra i morti Egiziani, anche bambini, e i bambini felici in piazza a Roma è troppa, è infinita, ma il Papa, con il suo Angelus, cerca di fare in modo che la differenza – oggettiva – non diventi distanza. Perché la preghiera ci unisce al Dio che è fonte di gioia unica, perché i valori umani che la violenza offende sono unici e l’unica risposta a questa unica violenza è la preghiera. E a pregare ci riescono acnhe i bambini. Anzi, a quanto pare, gli unici a pregare davvero sono i bambini.
“Diversi sono i luoghi, ma purtroppo unica è la violenza che semina morte e distruzione, e unica è anche la risposta: fede in Dio e unità nei valori umani e civili. Vorrei esprimere una particolare vicinanza al mio caro fratello Papa Tawadros II e alla sua comunità, pregando per i morti e i feriti”.
Siamo prossimi al Natale. Questo periodo liturgico si chiama Avvento ed è un periodo di attesa. Cos’è un’attesa? L’attesa è essenzialmente una mancanza anche se si sa cosa avverrà. Anche se si sa che avverrà certamente. L’attesa, parliamoci chiaro, è questo: mancanza. E oggi manchiamo tanto. Manchiamo di molto, di molti. Ci sono stati morti e feriti. Ancora violenza e sangue. Ancora vittime di gente riunita per pregare e gente fuori che passava di là. Oggi siamo mancanti ancora e più di ieri. Se aggiungiamo i morti e i feriti di ieri lo capiamo bene.
Ma la risposta è una sola, ha ragione il Papa. Unità.
Unico Dio a cui affidare tutto e affidarsi tutti. Unità e unicità dei valori umani e civili che ci fanno riconoscere tutti della stessa razza: umana e figli di Dio.
Se ascolto le parole del Papa che parla ancora di gioia posso rimanere nell’assenza, nella mancanza, nel “non ancora”, nell’attesa. Nell’Avvento insomma.
In questa terza domenica di Avvento, Francesco richiama all’invito di San Paolo a rallegrarsi nel Signore, spiegando che si tratta di gioia profonda. Di fronte ad una situazione di desolazione, di un destino inesorabile senza Dio, prosegue il Papa, come quella raccontata da Isaia, la salvezza è annunciata dalla venuta del Signore, che tutto trasforma, che “afferra tutto l’essere umano e lo rigenera”. Ha ragione il Papa e hanno ragione i bambini con i loro bambinelli. Portiamo a casa la gioia e la speranza nell’attesa di ciò che ancora ci manca: pace, vita. Per tutti.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da ilSussidiario.net