Terra Sancta et Oriens

Strage di bambini in Siria. Trenta minori uccisi nel villaggio di Al Shafa

Damasco, 17. Le prime vittime della guerra in Siria continuano a essere i bambini. Nei combattimenti avvenuti nel villaggio di Al Shafa, nell’est del paese, sono stati uccisi almeno trenta minori.

Fonti di stampa locali confermano la notizia, inizialmente diffusa dall’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia.

Non è ancora chiaro però quali fossero le forze attive nella zona, dove è in corso una massiccia operazione della coalizione internazionale a guida statunitense, insieme ai curdi siriani, contro le ultime sacche di resistenza del sedicente stato islamico (Is).

«Questi fatti così gravi dimostrano, ancora una volta, che la guerra in Siria non è affatto finita. Continuano a morire innocenti. È intollerabile» ha dichiarato Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef. «In quasi otto anni di guerra, la protezione dei bambini è stata completamente ignorata, e i bambini siriani hanno pagato prezzi altissimi; tra gennaio e settembre 2018, le Nazioni Unite hanno verificato l’uccisione di 870 bambini, il numero più alto di sempre nei primi nove mesi di qualsiasi anno dall’inizio del conflitto nel 2011. Questi purtroppo sono soltanto i casi verificati, i numeri effettivi potrebbero essere molto più alti» riferisce l’esponente dell’Unicef. «È intollerabile che si continuino a colpire i bambini. Le parti in conflitto devono trovare un’intesa dopo anni di fallimenti. A pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’infanzia occorre ricordare alle parti in conflitto che non si possono continuare a ignorare i principi di protezione dei più vulnerabili sanciti dalla carta dell’89» ha aggiunto.

Ma le violenze in Siria non riguardano soltanto l’est del paese.

Più a nord, nella regione di Hama, ci sono stati ieri almeno quattordici morti tra militari governativi siriani e miliziani di gruppi jihadisti. I combattimenti si sono concentrati nella zona di Idlib, lungo la cosiddetta zona smilitarizzata creata nel quadro della tregua russo-turca in vigore dal 15 ottobre scorso. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (voce dell’opposizione in esilio a Londra), i gruppi jihadisti hanno attaccato postazioni governative nella zona di al Ghab, lungo la valle del fiume Oronte, nel nord-ovest della regione di Hama. Negli scontri sono stati uccisi — secondo la stessa fonte — nove militari governativi e cinque miliziani. Inoltre, sempre nella zona di Idlib, secondo alcune agenzie, durante un bombardamento dell’esercito siriano, dieci civili, tra i quali un bambino, sarebbero morti.

Syrian anti-government activist group Edlib Media Center, that is consistent with independent AP reporting, shows a man carrying a child following a suspected chemical attack, at a makeshift hospital in the town of Khan Sheikhoun, northern Idlib province, Syria. The suspected chemical attack killed dozens of people on Tuesday, Syrian opposition activists said, describing the attack as among the worst in the country’s six-year civil war. (Edlib Media Center, via AP)

Questa mattina, secondo diverse ong citate dalle agenzie, almeno 43 civili siriani sarebbero stati uccisi durante i raid della coalizione internazionale a guida statunitense. Tra le vittime, vi sarebbero 17 bambini. I raid sarebbero stati effettuati all’alba nella zona del villaggio di Hajin, al confine con l’Iraq.

Oltre al conflitto in corso, c’è anche la dura realtà dei profughi e delle loro condizioni di vita. Ieri il ministero della salute russo ha riferito che oltre cento persone sono morte nell’ultimo mese nel campo profughi di Rukban a causa delle scarse condizioni igieniche e della mancanza di assistenza medica.

Osservatore Romano, 17/18 novembre 2018

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