Creatinina. In questo elemento sta la novità di uno studio pubblicato su PlosOne, prestigiosa rivista americana che porta nuove informazioni sulla Sindone e l’uomo che ha avvolto. Lo studio dal titolo ‘Nuove evidenze biologiche rilevate da studi di risoluzione atomica sulla Sindone di Torino’ – pubblicato a quattro firme (porta il nome di Elvio Carlino, Giulio Fanti, Liberato De Caro e Cinzia Zannini), è il frutto di una collaborazione partita nel 2015 tra due istituti del Cnr (Istituto Officina dei materiali di Trieste e Istituto di cristallografia di Bari) e il dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Padova, dove insegna misure meccaniche termiche il professor Giulio Fanti, da oltre vent’anni appassionato studioso della Sindone.
Dal lino è stato quasi attirato, forse rincorso, fin da piccolo, poi la curiosità scientifica si è fatta strada – «ci sono tante cose da scoprire ancora – dice – della Sindone ne sappiamo davvero poco» – accanto al desiderio del credente. E se scienza e fede rimangono distinti sul piano dello studio dei dati oggettivi – «come scienziato affermo che la Sindone ha avvolto il cadavere di un uomo che è stato duramente flagellato, coronato di spine e che è morto in croce; si contano, tra l’altro, più di 370 ferite da flagello; come credente invece sono sicuro che il lino sia originale e che abbia avvolto il Risorto» – è anche vero che sulla Sindone di Torino scienza e fede si integrano l’una con l’altra.
Rimanendo sul piano scientifico l’ultimo studio, prevalentemente ottico, a cui si sono aggiunti degli studi spettrometrici, su un campione di fibra della regione del piede, è stato realizzato con tecnologie altamente avanzate che hanno permesso di individuare la presenza di creatinina e di particelle di ferridrato tipiche della ferritina, elementi organici non visibili al microscopio ottico.
Una presenza diffusa di creatinina di dimensioni fra 20 e 90 nanometri ossia milionesimi di millimetro, come illustrato dal professor Elvio Carlino, che ha attuato le misurazioni tramite questo nuovo meto- do messo a punto dal centro di microscopia elettronica dell’istituto Iom-Cnr di Trieste. «Una grande quantità di creatinina fuori dalle macchie di sangue – chiarisce Giulio Fanti – ci dice che i reni dell’uomo della Sindone fossero gravemente compromessi» e considerando gli altri elementi che parlano di flagellazione «questa tortura deve essere stata molto dura. Conferma che viene anche dal confronto con una ricca bibliografia medica di pazienti che hanno subito forti traumi». Di fatto lo studio non cambia le cose, ma aggiunge un elemento significativo: accanto a pigmenti ritrovati dalle precedenti analisi ci sono tracce organiche significative che raccontano una morte molto cruenta. «Il dato scientifico conferma quanto l’evidenza diceva».
Nel frattempo Fanti, che sta lavorando insieme al professor Sergio Rodella per la realizzazione di un prototipo in plastilina a dimensioni naturali dell’uomo della Sindone, nei prossimi giorni volerà negli Stati Uniti per presentare un altro studio, questa volta di taglio numismatico, in cui alla luce di un calcolo probabilistico sulla base di una serie di monete bizantine si può affermare che la Sindone era già nota nel periodo bizantino, attorno al 692. Ma prima, questa sera alle 20.30, terrà una conferenza dal titolo ‘La Sindone: la scienza, la storia e la fede’, alla festa di Avvenire di Jesolo, nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice.
Fonte www.avvenire.it/Sara Melchiori
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