Studiosi musulmani sciiti hanno tradotto in persiano il Catechismo della Chiesa cattolica. Ad offrire questa “perla” di dialogo è stato uno staff di traduttori dell’Università delle religioni e denominazioni (University of religions and denominations, Urd), situata poco fuori da Qom. Sotto la guida del prof. Ahmad Reza Meftah (al centro nella foto), i traduttori (il prof. Sulemaniye e Ghanbari) hanno completato l’opera (quasi 1000 pagine di teologia e pastorale!) che sta per essere diffusa in queste settimane. Com’è ovvio, la loro traduzione è stata verificata da diverse personalità cattoliche in Iran ed è pubblicata con un’introduzione del card. Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. L’Urd, con circa 2mila studenti, offre corsi di studio in teologia e denominazioni islamiche, in cristianesimo, induismo, buddismo, ebraismo. Per conoscere di più le religioni, gli studenti e i professori studiano i testi base delle religioni alle fonti, traducendole in persiano. Finora hanno pubblicato almeno 200 libri, fra cui 50 volumi di fonti cristiane. Il prof. Meftah mi spiega tutto il percorso seguito per la traduzione del Catechismo: “Quando abbiamo iniziato a studiare le altre religioni, qualcuno si è soffermato a studiare il cristianesimo. Avevamo bisogno di una fonte cristiana autorevole da studiare, per noi e per i nostri studenti. Il dott. Legenhausen, cattolico, che è venuto dagli Usa e insegna nella nostra università, ci ha convinto che il Catechismo è importante per i cattolici. Così abbiamo iniziato a tradurlo per capire di più la fede cattolica, per noi, per la nostra scienza. Abbiamo sempre voluto studiare e fare ricerca traducendo in persiano alcuni libri cristiani, quali il vangelo o ‘La città di Dio’ di Agostino”. “Abbiamo tradotto il catechismo a partire dalla versione inglese; poi l’abbiamo paragonata con la versione araba. Volevamo tradurlo in modo molto preciso. Per questo avevamo bisogno che la traduzione fosse in qualche modo confermata dal Vaticano. Abbiamo dato il libro a un cattolico italiano, che conosce il persiano, il quale ha verificato il testo con l’originale latino. Solo per fare questo lavoro ci sono voluti nove mesi! Lui ha paragonato le versioni in modo molto preciso e ci ha dato alcuni suggerimenti. Dopo questo, alcuni nostri amici hanno rivisto ancora la traduzione”.
“Lo scorso anno volevamo pubblicare questo libro e lo abbiamo comunicato a p. Franco Pirisi [salesiano, per decenni al servizio della nunziatura di Teheran – ndr ]che ci ha aiutati ad avere una specie di conferma ufficiale del Vaticano. P. Pirisi, grande conoscitore della lingua persiana, dopo aver letto ancora tutto il libro, ci ha procurato un’introduzione del card. Jean Louis Tauran, che egli stesso ha tradotto in persiano. Ora il libro è pronto. Il volume sarà pubblicato dall’editrice dell’università, ma con… l’imprimatur del Vaticano! E’ stato fondamentale chiedere alla nunziatura il permesso di pubblicarlo, domandando loro di leggerlo con attenzione. E hanno confermato la nostra traduzione”. Va detto che per le leggi iraniane, ogni Chiesa cristiana ha diritto ad usare la sua lingua (armena, caldea, latino, inglese…) ma non la lingua persiana, forse per il timore di facilitare quello che le autorità chiamano “proselitismo”. Per questo, alla Chiesa cattolica sarebbe stato impossibile pubblicare il volume in lingua persiana. “In questo modo – afferma ridendo il prof. Meftah – abbiamo aiutato la libertà di espressione dei cristiani: non era il nostro scopo principale, ma è uno dei frutti. Per noi e per i nostri studenti era importante conoscere di più il cristianesimo da ciò che i cristiani dicono di se stessi e non da quello che dicono gli altri. In tal modo possiamo rimuovere incomprensioni, schemi ideologici e accrescere il rispetto gli uni per gli altri. Questo è un passo pratico per potenziare il dialogo fra noi”. Il prof. Meftah ha grandi prospettive: “In futuro vogliamo presentare il nuovo libro a Roma. Se possibile, ci piacerebbe fare la traduzione italiana di un libro sullo sciismo. In tal modo possiamo mostrare il dialogo in un modo molto pratico. E’ un’occasione per mostrare la nostra apertura al dialogo: siamo pronti a parlare con voi senza nessuna limitazione. Del resto questa è davvero forse la prima volta che un libro cattolico di tale spessore è tradotto da un gruppo di studiosi musulmani”. Ahmad Reza Meftah e gli altri suoi collaboratori sottolineano che questo loro atteggiamento di apertura verso le altre religioni non data da oggi, con l’avvento del presidente Hassan Rouhani, molto noto per le sue posizioni dialogiche. “Eravamo preparati al dialogo anche prima del presidente Rouhani – dice – e abbiamo sempre tentato di fare qualche passo per la pace dell’Iran con gli altri Paesi e religioni. Con l’arrivo di Rouhani, forse ci saranno più possibilità, almeno per rimuovere alcuni limiti e incomprensioni”. “Il rapporto fra islam e cristianesimo in Iran – spiega – non si può paragonare alle situazioni di altri Paesi islamici. In Iran i cristiani sono al sicuro [da attentati] e possiamo condividere uno scopo comune. Se ci guardiamo come amici non abbiamo problemi. Ma se ci guardiamo l’un l’altro come nemici, con sospetto o indifferenza, se entriamo in competizione, tentando di rubarci qualcosa, succede come in altri Paesi, fino ad arrivare al terrorismo. Trattarsi da amici elimina il terrorismo, e fa compiere passi per la pace”. di Bernardo Cervellera per l’agenzia asianews