“Lo scorso anno volevamo pubblicare questo libro e lo abbiamo comunicato a p. Franco Pirisi [salesiano, per decenni al servizio della nunziatura di Teheran – ndr ]che ci ha aiutati ad avere una specie di conferma ufficiale del Vaticano. P. Pirisi, grande conoscitore della lingua persiana, dopo aver letto ancora tutto il libro, ci ha procurato un’introduzione del card. Jean Louis Tauran, che egli stesso ha tradotto in persiano. Ora il libro è pronto. Il volume sarà pubblicato dall’editrice dell’università, ma con… l’imprimatur del Vaticano! E’ stato fondamentale chiedere alla nunziatura il permesso di pubblicarlo, domandando loro di leggerlo con attenzione. E hanno confermato la nostra traduzione”. Va detto che per le leggi iraniane, ogni Chiesa cristiana ha diritto ad usare la sua lingua (armena, caldea, latino, inglese…) ma non la lingua persiana, forse per il timore di facilitare quello che le autorità chiamano “proselitismo”. Per questo, alla Chiesa cattolica sarebbe stato impossibile pubblicare il volume in lingua persiana. “In questo modo – afferma ridendo il prof. Meftah – abbiamo aiutato la libertà di espressione dei cristiani: non era il nostro scopo principale, ma è uno dei frutti. Per noi e per i nostri studenti era importante conoscere di più il cristianesimo da ciò che i cristiani dicono di se stessi e non da quello che dicono gli altri. In tal modo possiamo rimuovere incomprensioni, schemi ideologici e accrescere il rispetto gli uni per gli altri. Questo è un passo pratico per potenziare il dialogo fra noi”. Il prof. Meftah ha grandi prospettive: “In futuro vogliamo presentare il nuovo libro a Roma. Se possibile, ci piacerebbe fare la traduzione italiana di un libro sullo sciismo. In tal modo possiamo mostrare il dialogo in un modo molto pratico. E’ un’occasione per mostrare la nostra apertura al dialogo: siamo pronti a parlare con voi senza nessuna limitazione. Del resto questa è davvero forse la prima volta che un libro cattolico di tale spessore è tradotto da un gruppo di studiosi musulmani”. Ahmad Reza Meftah e gli altri suoi collaboratori sottolineano che questo loro atteggiamento di apertura verso le altre religioni non data da oggi, con l’avvento del presidente Hassan Rouhani, molto noto per le sue posizioni dialogiche. “Eravamo preparati al dialogo anche prima del presidente Rouhani – dice – e abbiamo sempre tentato di fare qualche passo per la pace dell’Iran con gli altri Paesi e religioni. Con l’arrivo di Rouhani, forse ci saranno più possibilità, almeno per rimuovere alcuni limiti e incomprensioni”. “Il rapporto fra islam e cristianesimo in Iran – spiega – non si può paragonare alle situazioni di altri Paesi islamici. In Iran i cristiani sono al sicuro [da attentati] e possiamo condividere uno scopo comune. Se ci guardiamo come amici non abbiamo problemi. Ma se ci guardiamo l’un l’altro come nemici, con sospetto o indifferenza, se entriamo in competizione, tentando di rubarci qualcosa, succede come in altri Paesi, fino ad arrivare al terrorismo. Trattarsi da amici elimina il terrorismo, e fa compiere passi per la pace”. di Bernardo Cervellera per l’agenzia asianews
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