La stampa del suo paese l’ha definito un vescovo “nello stile di Francesco”. E del resto monsignor Sturla non ha nascosto il proprio consenso per il magistero del papa argentino, la necessità di rimettere la Chiesa in comunicazione con la società, la vicinanza ai sacerdoti, i temi sociali, il metodo del dialogo con tutti anche quando le posizioni sono distanti. In effetti il piccolo Uruguay con i suoi 3 milioni e 240mila abitanti, è un paese in cui l’impronta laica è molto forte e si è anzi rafforzata negli ultimi anni in cui una colazione politica di sinistra – “il Frente amplio” – ha vinto ripetutamente le elezioni.
Tabarez Vazquez, che nel dicembre scorso ha vinto la corsa presidenziale (dopo aver ricoperto la carica dal 2004 al 2010), è espressione di quest’area politica ed è succeduto a Pepe Mujica, il presidente ex guerrigliero, che con il suo stile povero e a volte eccentrico, ha da una parte rivoluzionato il linguaggio politico quindi ha seguito una linea di attenzione agli strati sociali più poveri. Ma l’Uruguay ha anche approvato negli ultimi anni diverse leggi che rappresentano un problema per la Chiesa: la legalizzazione dei matrimoni omosessuali, dell’aborto e una parziale legalizzazione della marijuna. D’altro canto nello stesso periodo il Paese ha conosciuto una stagione di ripresa economica e i temi sociali legati alla disoccupazione e alla povertà sono stati affrontati almeno in parte positivamente.
E’ dunque in un quadro complesso che si deve muovere monsignor Sturla, ordinato prete nel 1987, con un passato di insegnante nell’istituto Giovanni XXIII, professore di storia della Chiesa, poi vescovo e ora cardinale. Una vita non facile la sua, soprattutto agli inizi: il più piccolo di cinque figli, perse entrambi i genitori fra i 13 e i 16 anni, da qui una rapida responsabilizzazione nelle scelte da compiere. Da arcivescovo di Montevideo Sturla si è mosso in modo dinamico provando a rivitalizzare la Chiesa uruguayana e non rinunciando ad affermare le posizioni del magistero ma dialogando allo stesso tempo con le istituzioni del Paese. E fra i temi centrali affrontati dall’arcivescovo c’ è quello della famiglia.
Nei giorni scorsi alcune migliaia di fedeli hanno preso parte al quarto incontro pubblica del rosario per la famiglia. In merito, il nuovo cardinale ha osservato che sua intenzione era quella di inviare «un messaggio ai fedeli per rafforzare il modello di famiglia cristiana e avere un atteggiamento di pazienza e rispetto verso altri tipi di unione». «Si tratta – ha aggiunto l’arcivescovo – di proporre con chiarezza il nostro modello cristiano e di dare testimonianza della famiglia così come voluta da Dio: papà, mamma e figli». D’altro canto, ha sottolineato ancora, «assistiamo a una crisi della famiglia per la gran quantità di separazioni o di situazioni di fatto. Per questo è necessario un annuncio gioioso della famiglia intesa secondo il piano di Dio».
In questo senso monsignor Sturla osservò, all’indomani della sua nomina ad arcivescovo di Montevideo, come «la grande sfida per la Chiesa è la comunicazione. Sono convinto che la fede cristiana sia un tesoro in grado di dare senso alla vita. E allora, essere convinti di questo e vedere tanta gente che si allontana dalla Chiesa, è un dolore enorme. E credo che si debba al fatto che abbiamo un problema di comunicazione Non siamo capaci di comunicare la fede con la forza necessaria per entusiasmare la gente». Sturla rilevò ancora che i divieti morali della Chiesa in certi ambiti erano l’unica cosa che si conosceva della Chiesa, ancora prima del “sì” dell’amore di Dio verso tutte le persone, comunque fossero. L’attenzione agli esclusi, ai giovani, l’idea di una Chiesa missionaria sono invece fra le priorità della sua azione pastorale. Non solo. Anche la riorganizzazione amministrativa della diocesi, il contatto frequente con i fedeli e la vicinanza ai sacerdoti rientrano fra gli obiettivi di governo pastorale del cardinal Sturla. Infine nei giorni scorsi sulla stampa uruguayana era apparsa la notizia di una possibile iniziativa del Papa in riferimento ai desaparecidos nel periodo della dittatura (1973-1985), ma l’arcivescovo ha spiegato di non aver parlato della cosa con Francesco.
Fonte. Vatican Insider
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