Un lungo appello alla pace, alla riconciliazione, alla promozione della giustizia e della verità: a lanciarlo, sono i vescovi del Sudan e del Sud Sudan (Scbc), al termine della Plenaria straordinaria, che si è conclusa ieri a Juba. Il documento episcopale arriva in un momento in cui il Sud Sudan è devastato da oltre un mese di aspri combattimenti tra i fedeli al presidente Salva Kiir, di etnia Dinka, e i ribelli, seguaci dell’ex vice-Presidente Riek Machar, di etnia Nuer. Scontri che continuano, nonostante il cessate-il-fuoco firmato nei giorni scorsi ad Addis Abeba. Nell’appello dei vescovi, firmato dal card. Gabriel Zubeir Wako, presidente della (Scbc), si ribadisce la dignità ed il diritto alla vita per ogni persona umana; i presuli si dicono inoltre “scioccati” per le violenze accadute nel Paese e sottolineano di “non poter rimanere in silenzio” di fronte a tali avvenimenti. Di qui, l’esortazione ad una “urgente riforma democratica”, alla “necessità di una governance migliore”, lontana da “nepotismi, corruzioni e personalizzazioni della politica”, alla pace ed alla riconciliazione, raggiungibili “attraverso processi di promozione integrale della persona”. La Scbc critica, poi, la scelta di “escludere le Chiese e le forze civili dai negoziati di pace di Addis Abeba” e ricorda il lungo lavoro svolto in passato da tal organismi in favore della pace, perché essa “è la convinzione che l’unità, ottenuta grazie allo Spirito, può armonizzare ogni diversità” e “superare tutti i conflitti”. Respingendo, quindi, “con fermezza ogni ricorso alla violenza”, i vescovi sudanesi invocano “il rafforzamento di istituzioni nazionali democratiche”, guidate da “leader maturi e moralmente validi”, insieme alla trasparenza del sistema politico e amministrativo e alla certezza della pena per i colpevoli di crimini. Un ulteriore appello viene rivolto ai giornalisti e a tutti gli operatori della comunicazione, affinché operino secondo verità, lontani dagli stereotipi negativi, senza incitare all’odio e alla violenza tramite la disinformazione. E ancora: la Chiesa del Paese africano chiede una riforma di tutte le Forze armate, affinché non siano legate ad alcun partito politico; un appello speciale viene poi lanciato perché si ponga fine alla piaga dei bambini-soldato, si risparmino i civili, vengano rispettati i prigionieri di guerra e le Chiese, gli ospedali e i campi profughi non siano fatti oggetto di scontri armati. Centrale, allora, ribadisce la Scbc, l’educazione della nazione, definita “essenziale per un futuro di pace e di riconciliazione”, purché includa “valori etici” necessari alle “coscienze” di coloro che guidano il Paese. Infine, i presuli rivolgono un pensiero ad alcune aree particolarmente disastrate del Paese, come i Monti Nuba, il Darfur, la regione di Abyei, la diocesi di Malakal: per queste zone si invoca l’apertura di corridoi umanitari e la tutela dei diritti umani. Il documento episcopale si conclude con un’esortazione ai fedeli affinché preghino per l’unità nazionale.
Isabella Piro per la Radio Vaticana