Il Ministro sudanese per gli orientamenti e le istituzioni religiose ha annunciato che il governo non rilascerà più autorizzazioni per la costruzione di nuove chiese nel Paese. Immediata la reazione dei leader cristiani. Secondo quanto riportato nel quotidiano El Jareeda di Khartoum, il ministro Shalil Abdallah ha dichiarato che le chiese esistenti sono sufficienti per i cristiani rimasti in Sudan, dopo la secessione del Sud Sudan nel 2011. Ha inoltre sottolineato il fatto che la maggior parte degli abitanti del Sud Sudan sono cristiani, mentre in Sudan sono pochi.
Alla notizia, il rev. Kori El Ramli, segretario generale del Consiglio delle Chiese del Sudan, ha dichiarato alla Radio locale Tamazuj che l’affermazione del ministro contraddice la Sudanese 2005 Interim Constitution. “Certo, siamo una minoranza, ma abbiamo la libertà di culto e di credo proprio come il resto del Sudan, finché siamo cittadini sudanesi come loro,” ha spiegato. Il pastore ha anche criticato la recente demolizione della Sudanese Church of Christ, costruita nel 1983 nell’area di El Izba a nord di Khartoum.
La maggior parte dei membri delle congregazioni religiose di questa chiesa sono Nuba del Kordofan meridionale. In un rapporto reso noto ad aprile 2013, l’ong Christian Solidarity Worldwide aveva evidenziato un notevole aumento, da dicembre 2012, di arresti, detenzioni e deportazioni di cristiani dal Sudan. L’organizzazione ha anche riferito che l’attacco sistematico ai Nuba e agli altri gruppi etnici è indice di rinascita di una politica ufficiale di islamizzazione e arabizzazione. A causa del trattamento riservato ai cristiani, e ad altre violazioni dei diritti umani, nel 1999, il Sudan è stato designato Paese di particolare preoccupazione dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Nel mese di aprile 2013, la Commissione Usa sulla Libertà Religiosa Internazionale ha segnalato che il Paese è ancora in quella lista.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana