In occasione della “Giornata della Memoria”, che ricorre oggi 27 gennaio, anche il cinema mantiene vivo il ricordo degli orrori compiuti dal nazismo. Sugli schermi italiani in questi giorni vengono proposti due film: “Nebbia in agosto” e “Il viaggio di Fanny”, dove è l’infanzia a essere colpita dalla follia di un regime disumano.
Ernst Lossa era un bambino come tanti bambini. Ebbe la sfortuna di nascere in un momento della storia tra i più cupi e spaventosi. Nella Germania nazista. Era un bambino Jenisch, non ariano, non puro, dunque andava eliminato. “Nebbia in agosto” racconta la sua storia vera. Nel 1939 Hitler aveva diramato il famigerato decreto “T4” con il quale stabiliva l’eliminazione sistematica di tutta quella popolazione – anche donne, bambini, anziani – “improduttiva”, che non era dunque in grado di produrre un beneficio economico per la nazione tedesca. Ernst si ritrova dunque in un ospedale che vede sparire i degenti giorno dopo giorno: avvelenati o consumati per la fame. Il dottor Veithausen, che lo dirige, ha modi dolci e accoglienti, ma ottempera al comando con zelo e metodo, senza un velo di pietà, compassione e dubbio. Nella “Giornata della memoria” è doveroso ricordare anche questa strage. Marcello Pezzetti, consulente scientifico della Fondazione Museo della Shoah di Roma, commenta per noi il film:
R. – Perché rendere colpevole la medicina in toto è qualche cosa quasi di insopportabile, è qualche cosa che impedisce di continuare a vivere. Tutti tendono alla pacificazione. Pensiamo in Italia all’amnistia di Togliatti, fatta per poter pacificare la cosiddetta “società”, per ricostruire. E si è ritenuto che, se si metteva sotto accusa il mondo della medicina, la Germania – non solo la Germania, ma forse tutta l’Europa – non avrebbe potuto ricominciare a vivere. E poi non si parlava di etica, non si parlava mai di rapporto tra etica e medicina. Il concetto di bioetica è qualcosa che è venuto dopo, e forse anche – purtroppo – ma grazie a quello che è avvenuto.
D. – Professore, un altro film che esce in occasione della Giornata della Memoria racconta un’altra storia di bambini: “Il Viaggio di Fanny” di Lola Doillon è la storia, anch’essa vera, di una tredicenne che porta in salvo, in territorio svizzero, otto bambini ebrei come lei, attraversando la Francia sottoposta al giogo nazista. Il cinema presta dunque una particolare attenzione quest’anno al dramma degli innocenti, che la storia ha inghiottito nell’orrore, nella paura, e di cui poco si parla…
R. – Intanto io credo che tutte le vittime della Shoah siano state innocenti. Ma, giustamente, all’interno di tutte queste vittime, tutte innocenti, c’è la parte più debole, e la parte più debole è quella dei bambini. Il cinema ha dedicato, nella sua storia, più volte lo spazio ai bambini. Ma devo dire che queste storie di salvataggi o di vittime di un’operazione come quella che abbiamo appena visto, questi aspetti sono sempre stati un po’ lasciati in ombra. Li stanno recuperando.
Fonte it.radiovaticana.va/Luca Pellegrini
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