Partiamo dall’attualità. In Europa e negli Stati Uniti si comincia a parlare con sempre maggiore insistenza di rischio Ebola. Dobbiamo preoccuparci?
“A bordo delle nostre navi sono in atto misure di profilassi e di igiene di alto profilo, ciascun operatore è in grado di affrontare il rischio di qualunque malattia contagiosa. Potremmo fronteggiare addirittura un eventuale allarme Ebola, che tuttavia è impossibile si verifichi in Italia perché i migranti non provengono da quelle aree”.
Dunque possiamo stare tranquilli?
“Gli immigrati che accoglie la Marina Militare sono sani perché c’è già stata una selezione in partenza. Fuggire è un investimento economico che certamente i poveri e i malati non possono permettersi. Oggi abbiamo un’immigrazione in gran parte dovuta alla guerra e all’impossibilità di vivere in Paesi a forte impronta dittatoriale. Le persone non fuggono per cercare lavoro: fuggono per salvarsi la vita. Questo deve essere chiaro. Dall’inizio dell’operazione non c’è stato nessun caso di malattia infettiva negli operatori e due casi di malattia nei migranti che, tuttavia, sono stati immediatamente identificati e sottoposti a trattamento. È un’incidenza minore di quella che abbiamo nella popolazione residente in Italia”.
Quali sono le principali problematiche di salute dei migranti?
“Numeri alla mano, con visite effettuate da specialisti, non ci sono dubbi circa la buona qualità della condizione di salute dei migranti che arrivano in Italia. Lo shock maggiore, così come la principale causa di morte, è dovuto al viaggio in condizioni disperate. Per questo si muore, non per le malattie: ci sono gommoni di qualità diversa e adesso cominciano a proliferare quelli prodotti in Cina che si sciolgono letteralmente al sole. Molte morti sono dovute a questa ragione: chi purtroppo si trova su imbarcazioni simili è destinato quasi inevitabilmente a morire. La tratta dei migranti è gestita da una vera e propria rete criminale che non ha interesse a far arrivare le persone sane ma a sfruttare la loro necessità per fare soldi”.
Come si comporta il personale medico e militare dell’operazione “Mare Nostrum”?
“Sono professionisti impegnati in prima linea, con dedizione e passione. Durante i corsi raccontiamo le condizioni di vita delle persone nei Paesi di provenienza. Come si vive, o meglio come si sopravvive, e quali sono le malattie diffuse in quelle aree. Ore di lezione, incontri, confidenze e dibattiti. Incontriamo gli equipaggi e parliamo con tutti, rispondendo alle domande, alle paure e alle angosce di chi opera in mare. C’è tanta disinformazione, anche da parte di chi non ritiene che si debbano spendere risorse per salvare vite umane. Per la prima volta, però, nel nostro Paese si fa sistema: tre grandi Ministeri – Difesa, Interno e Salute – mettono in rete le loro forze migliori per fronteggiare una situazione drammatica”.
L’accoglienza dei migranti è una questione che riguarda soltanto l’Italia?
“Ci vorrebbe un investimento maggiore da parte dell’Unione europea. Ma una crisi scaccia l’altra: quella ucraina non è nemmeno iniziata che già il conflitto tra Gaza e Israele l’ha cancellata. La situazione drammatica che viviamo quotidianamente nelle acque del Mediterraneo, tuttavia, imporrebbe un’attenzione a livello internazionale che dovrebbe essere permanente. Invece non mi pare di cogliere, da parte delle istituzioni, il senso di una tragedia che è espressione della instabilità politica: la fuga nel ‘Mare Nostrum’ è la punta estrema di una situazione che nasce altrove”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Agensir
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