Una suora lecchese di 65 anni, Luisa Dell’Orto, è stata uccisa ad Haiti, probabilmente a scopo di rapina, ad Haiti, nella capitale Port au Prince dove operava. Suor Luisa era ad Haiti da 20 anni.
Suor Luisa Dell’Orto, piccola sorella del Vangelo di Charles de Focauld, era la colonna portante di Kay Chal, “Casa Carlo”, sorta in un sobborgo poverissimo di Port au Prince. Costruito grazie ai fondi raccolti da Caritas italiana con la maxi-colletta del 2010, promossa dalla Conferenza episcopale italiana (Cei), il centro – animato anche dai volontari di Caritas Ambrosiana – offre anche uno spazio sicuro a centinaia di bimbi del poverissimo quartiere. «Vengono dopo la scuola, a fare i compiti – raccontava all’inviata di Avvenire suor Luisa nel gennaio 2020, dieci anni dopo il terremoto mentre mostrava orgogliosa la biblioteca –. Sanno che fino alle 17 si studia. Poi facciamo altre attività: dal ballo al basket. E ad organizzare i gruppi sono i nostri ex alunni cresciuti che vogliono restituire quanto hanno ricevuto».
Il cortile di Kay Chal era un via vai di ragazzini. Alcuni, i più piccoli, stavano rannicchiati in un angolo, con un libro in mano. Altri, appoggiati sui tavoli, premevano con forza la matita sul quaderno, nello sforzo apparentemente titanico di tracciare le lettere. Un gruppetto giocava a pallone, infrangendo le regole. «Il momento del basket comincia alle 17, prima ci sono i compiti», era solita dire, tra il rassegnato e il divertito, suor Luisa Dell’Orto.
Questa piccola sorella del Vangelo era la colonna del centro dedicato a Charles de Focault nel cuore di Port-au-Prince. Quando era arrivata ad Haiti, nel 2002, la struttura esisteva già. Era stata, però, la religiosa lombarda, originaria di Lomagna, in provincia di Lecco, ad occuparsi della sua ricostruzione dopo il catastrofico terremoto del 2010. Un lavoro estenuante quanto fondamentale.
«Venga con me per capire la ragione», aveva detto suor Luisa quando Avvenire l’aveva incontrata la prima volta, nel decimo anniversario del tragico sisma
. Dalla terrazza rudimentale si vedeva la distesa di baracche addossate le une sulle altre. In mezzo, qualche scarsa lingua d’asfalto e un dedalo di viuzze sterrate che si facevano spazio a fatica. Questa selva di mattoni lamiere è Cité Okay, baraccopoli a cavallo tra Delmas 31 e Cité Soleil, la bidonville emblema del dramma haitiano. «Non c’è un solo spazio per i bambini. Né per studiare né per giocare. Kay Chal è l’unica oasi dove possono incontrarsi, stare insieme, fare i compiti, vivere la loro infanzia troppo spesso rubata o ridotta in catene». Non si trattava di una metafora. Gran parte dei piccoli del centro erano “restavek”, bambini affidate dalle famiglie della provincia a parenti o conoscenti in città nell’illusione che ricevano un’istruzione. In realtà, tutti sanno che saranno trasformati in domestici tuttofare.A questo esercito di almeno mezzo milione di baby-schiavi, suor Luisa ha dedicato la vita e la missione. Fino a ieri mattina quando la religiosa è stata vittima di un’aggressione armata mentre passava per Delmas 19. Gravemente ferita, è stata portata d’urgenza all’ospedale Bernard Mevs, dove si è spenta poco dopo, due giorni prima di compiere 65 anni. La notizia ha prodotto un fortissimo impatto a Port-au-Prince dove “seur Luisa”, come la chiamavano, era un’istituzione.
Suor Lucia era nata a Lomagna (Lecco) il 27 giugno 1957. Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico di Lecco, nel 1984 si laurea in Storia e Filosofia. Nello stesso anno entra nella Congregazione delle Piccole Sorelle del Vangelo di Lione. Nel 1987 parte per il Cameroun: vive a Salapombe, in una foresta, tra i Pigmei Baka, fino al 1990. Nel frattempo a Lomagna sorge il Gruppo Missionario a sostegno di questa popolazione. Nel 1994 consegue la laurea in Teologia in Svizzera. Dal 1997 al 2001 è missionaria in Madagascar, dove alle varie attività pastorali, insegna Etica Generale e Speciale.
Fonte: Avvenire on line. Qui l’articolo originale
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