Suor Maria Gloria Riva: l’esperienza di pre-morte e l’intervista. “Mentre ero in coma ho visto Dio, era lì con me, mi amava come nessuno e mi ha risuscitata”.
È stata invitata a Pomeriggio 5 per raccontare la sua incredibile esperienza di pre-morte, ma Suor Maria Gloria Riva è nota da tempo nel mondo della Chiesa per aver più volte raccontato la sua drammatica e intensa esperienza dopo un incidente stradale gravissimo avvenuto quando aveva solo 21 anni. In una intervista di un anno fa su CattoliciRomani.com, la suora originaria di Monza svela che al tempo dell’incidente era ancora fidanzata e lontana anni luce dall’idea di vocazione religiosa: «A ventuno anni ero fidanzata e stavo muovendo timidi passi verso la fede (abbandonata da qualche anno, in seguito a varie vicissitudini).
Dopo un viaggio a Lourdes, dove ero rimasta colpita dal clima di preghiera, uscì un sabato sera con il mio fidanzato, diretta in discoteca. Giunti a un semaforo, disposto al verde, attraversammo l’incrocio e dall’altra parte della carreggiata vidi arrivare una vettura a velocità elevatissima. Ci fu lo schianto e poi, per me, il silenzio e il buio». Il racconto è incredibile perché descrive da vicino, con una lucidità ancora ferrea di quegli istanti (oggi ha 58 anni), la sua estrema vicinanza alla morte. «Ebbi la percezione netta di essere alla fine della mia vita e mi abbandonai totalmente a questa drammatica eventualità. Immediatamente percepii, dentro a quell’oscurità, una grande pace e una grande serenità. Si aprì allora al mio sguardo una piccola luce bianchissima che mi veniva incontro dilatandosi. La pulsione beatifica di quella luce era come un richiamo. Ebbi la certezza che Dio era là e che Dio era amore. Desiderai con tutte le forze raggiungere quella luce ma vidi scorrere la mia vita davanti a me come in un film, ed ebbi la totale chiarezza di giudizio su di essa. Quella luce era amore, gratuito, e quella gratuità nella mia vita non c’era. Mi avvolsero, così, due sentimenti contrastanti. Da un lato un dolore grande: l’eternità mi si offriva in tutta la sua bellezza e io non la potevo raggiungere; Dio non mi giudicava, semplicemente si mostrava a me con la sua verità, ero io a giudicarmi e a comprendere tutta la dissomiglianza».
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La vita di Suor Maria Gloria Riva non poteva che essere cambiata dopo quei mesi assurdi e paradossali: era in coma ma si sentiva amata, come mai fino a quel momento le era accaduto. «Quando mi rianimarono provai la sensazione del rifiuto della vita: avevo sette fratture, trauma cranico, emorragia interna. Ero una specie di puzzle da ricomporre. Il ricordo di quella luce però fu come la cartina di tornasole e avrei desiderato fin da subito gridare a tutti che non si muore. Mi sono ritrovata spesso a riflettere su ciò che mi era accaduto durante il mio stato di incoscienza. Mi sorpresi nel ricordare alcuni particolari che non riuscirei a ricollocare in ordine temporale, rispetto alla visione della luce. Dopo che mi liberarono dalle ferraglie dell’autovettura, vidi, riconobbi e salutai un caro amico che, in servizio alla croce rossa, era giunto a soccorrermi. Lui mi disse, in seguito, di avermi vista immobile, apparentemente morta. Vidi il mio corpo come dall’alto e inorridii nel vedere una gamba completamente rovesciata rispetto alla direzione naturale, e tutta la la gente sopra il mio corpo». Non solo, Suor Maria spiega come vedeva il suo ragazzo dall’altro lì vicino a lei sulla strada mentre provava un dolore incredibile: «Sono giunta alla conclusione che i miei sensi erano sollecitati solo da relazioni affettive (l’amico, me stessa, il mio ragazzo): Quei mesi cambiarono la mia vita. Come scrisse un giorno Andrè Frossard, Dio era dietro di me; a volte anche davanti a me. Che la vita fosse un dono da non sprecare mi apparve chiarissimo e senza retorica. Non fui più la stessa e scoprii pian piano che il matrimonio non mi sarebbe bastato, sentivo l’urgenza di testimoniare a tutti quello che mi era accaduto. Vedevo con occhi nuovi cose e ambienti cui prima ero avvezza, misurandone tutta la grettezza. Tornai a Lourdes per avere chiarezza sulla vocazione. Ci tornai con il mio fidanzato. Un giorno sfumò un appuntamento che avevamo alla grotta della Vergine (io ero dama, lui barelliere. Avevamo turni diversi e, quindi, pochi momenti di incontro). Presi a camminare e mi ritrovai davanti alla cripta. Non lo sapevo ancora, ma lì si faceva, allora, l’adorazione perpetua». Dopo quel giorno Suor Maria decise di non volersi più separare dall’eucaristia ed entrò, dopo un lungo percorso di voti, verifiche e riflessioni, nell’ordine delle monache dell’adorazione perpetua di Monza. « In monastero maturai gradatamente la consapevolezza che il tesoro dell’Eucaristia era calpestato dagli stessi cattolici. Che c’era una bellezza a tutti incomprensibile e che bisognava aumentare la forza del richiamo. Seguendo dei laici, per incarico dei superiori, mi accorsi che era scomparsa dalla nostra vita quotidiana la forza unificante del simbolo e iniziai così a spiegare la Scrittura e la fede attraverso l’arte», conclude Suor Maria nella lunga e bella intervista al portale online
. Una intervista sulla vita, la sua, risuscitata dall’amore di Dio per quel corpo che sembrava completamente perduto.
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Redazione – Il Sussidiario
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