Tabaccaia d’Asti. Il perdono fa carne così.

Scrivere di quanto è successo alla famiglia Fassi è trovare bontà: non miele però ma pietra, di quella con cui si costruisce una casa che non crolla. Maria Luisa era loro figlia, la figlia di una tabaccheria di Asti: è stata uccisa da Pasqualino Folletto con 45 colpi di coltello. E il frutto della rapina sono 800 euro che l’uomo ha speso al supermercato per dar da mangiare ai figli. Questa però è la notizia di ieri. Quella di oggi è che i genitori di Maria Luisa, la ragazza morta, hanno deciso di aiutare la figlia malata dell’uomo che ha ucciso la loro. La aiuteranno e rimarrà un segreto tra loro. Quello che hanno detto e che io ho riportato e la prima e l’ultima loro parola. Scrivere di quanto è successo alla famiglia Fassi, è scoprire che della cronaca nera che noi raccontiamo, vediamo solo una parte: la parte del sangue e del dolore e della rabbia e della giustizia urlata e imprecata. Scrivere di quanto è successo alla famiglia Fassi è vedere che dietro la cronaca nera c’è anche un’altra faccia, quella che si vede solo con una luce speciale, quella della bontà. Niente miele solo roccia. Pérdono una figlia in modo violento e profondamente ingiusto e perdonano e aiutano. La luce nuova, la luce buona, non esce dagli occhi ma dalla bocca di questa famiglia: “Noi siamo qui. Se la figlia dell’uomo che ha ucciso la nostra avrà bisogno, noi ci saremo”. Questa si chiama bontà. Guardare il prossimo, quello che ti ha accoltellato la figlia, come se fosse un figlio.

Avete presente Gesù sulla croce che affida Giovanni, l’umanità, a Maria? Cioè gli uomini – gli assassini del figlio – sono affidati alla madre della vittima? Avete presente? Ecco, i Fassi faranno come Maria. Prendono in affido un figlio. Noi siamo qui. Trovare qualcuno che dica “noi siamo qui” è la sentenza a cui tutti noi vorremo essere condannati quando sbagliamo. È la sentenza che dice: non sei solo, a te ci pensiamo noi. Hai sbagliato e quello che hai rotto non si riparerà, ma la vita non si ferma l’amore copre tutto qualcuno ha detto. Si. Copre e fa vivere.

Ma come si fa ad essere Fassi? Quante preghiere ci vogliono? Quante Messe? Quanti sacramenti e quanta beneficenza ed elemosina? Quanto “manca da farsi” tra me e la famiglia Fassi?

Io credo che questo lo sappia solo Dio perciò è una domanda che possiamo rivolgere a Lui. Forse c’è qualcosa di molto piccolo che ci può aiutare: una cosa che devi rileggerla due volte, per capirla. E non è una cosa da fare ma è una parola. Una parola che dice come i Fassi di questo mondo guardano il mondo e i suoi abitanti. La parola è uomo. “Abbiamo saputo che quest’uomo ha una figlia malata”, dicono di Pasquale Folletto. Nelle cronache che leggi scopri che non usano mai il termine killer o assassino. Porgere l’altra guancia non è farsi uccidere anche l’altra figlia. Porgere l’altra guancia è girare lo sguardo di nuovo verso chi ci ha percosso per riconoscerlo ancora per quello che è: un uomo.

Ecco la storia che scopre chi scrive della tabaccheria Fassi: silenzio, Signore, uomo, coscienza. Così si ama. Questo è il perdono.

Sono gli ingredienti di una storia bellissima perché bellezza e bontà sono la stessa cosa, come l’amore e il perdono. Se no la bellezza è una maschera e l’amore una farsa. I Fassi ci fanno vedere altro. Bellissima storia.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da Ilsussidiario.net

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