Tangenti Mose: la riflessione del procuratore Nordio

«Tacito duemila anni fa l’ha detto con quella tipica, icastica sintesi dei romani. “Corruptissima re publica, plurimae leges; Più la repubblica è corrotta, più promulga nuove leggi”: a dirlo è stato il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio, commentando la recente inchiesta sul Mose condotta dai suoi colleghi nel corso di una lunga intervista a Radio radicale. Il cuore della riflessione- commenta del magistrato veneziano -commenta una nota di tempi.it-, sulla vicenda è che non sono nuove norme a risolvere il problema, come in questi giorni da varie parti politiche si pensa di fare. Nordio spiega: «Se dovessi dare un suggerimento al presidente del consiglio Renzi, che è giustamente preoccupato di quanto sta accadendo, gli direi di lasciar stare le pene, le leggi penali, i nuovi reati. Le leggi ci sono, le pene sono già stratosferiche. Al primo ministro direi paradossalmente di diminuire le pene ma renderle più efficaci e concrete. Soprattutto direi di prevenire il reato, semplificando le procedure, individuando le competenze e attribuendo i controlli preventivi a poche persone. Non è mai servito a niente inasprire le pene, la stessa modifica fatta con le cosiddette leggi ad personam non è stata né utile, né dannosa. Quando è stato ridotta la pena del falso in bilancio si è gridato allo scandalo perché avrebbe aumentato la corruzione, si è dimenticato che la prima Tangentopoli si è formata mentre vigeva la prima legge di falso in bilancio gravissima».

Per Nordio, «quello che è necessario è che il Parlamento deve ridurre le leggi, le deve semplificare, rendere più chiare e trasparenti, in modo che chi partecipa ad una gara pubblica sappia a quali autorità, a quali porte, deve bussare. E le autorità devono essere poche». Il caso Mose insegna che «se si deve bussare a cento porte, è certo che almeno una di queste rimane chiusa finché non arriva qualcuno che dice che va unta attraverso mazzette. Vanno semplificate le procedure, rese più snelle e trasparenti».  Il premier Renzi in questo caso, come all’indomani dell’indagine Expo, ha invocato subito la nomina di un magistrato-commissario che vigilasse sugli appalti. Per Nordio «la nomina di un commissario straordinario, munito di poteri adeguati di controllo, andrà bene, vista anche la caratura della persona

(Raffaele Cantone, n.d.r.), ma questo conta molto poco nella lotta concreta contro la corruzione. Nuove leggi penali non serviranno a nulla, come l’inasprimento delle pene di cui i potenziali delinquenti ridono, anche perché il nostro sistema processuale è così sfasciato che queste pene non saranno mai applicate se non dopo processi eterni».

Anche la vicenda Mose, come quella Expo, porterebbe alla ribalta una tentazione tutta italiana: «Il rischio che ancora una volta si devolva alla magistratura l’aspettativa di una sorta di palingenesi salvifica è reale. Se vi è un errore che non si deve assolutamente ripetere, anche se temo che ci sia proprio il rischio che si ripeta, è quello di incaricare la magistratura di fare pulizia e di cambiare i vizi della politica». La conseguenza concreta, proprio perché il sistema giudiziario è al collasso, è solo l’intasamento fuori legge delle carceri, contro cui anche il presidente Giorgio Napolitano, in un messaggio alle Camere, si è pronunciato lo scorso ottobre. Nordio ricorda proprio quel messaggio, aggiungendo che «Napolitano disse cose sacrosante, tutti sembravano d’accordo ma non si fece nulla. Questa è una grave colpa del Parlamento e dal governo. Il politico ha solo sentito di nuovo sul collo il fiato del cittadino che chiede le manette, ma il cittadino invocherà le manette perché in questi casi ragiona di pancia, vuole in prigione chi ha rubato. Io, che ho firmato le richieste di custodia cautelare con disagio, perché per me chiedere la custodia di una persona è sempre un momento doloroso ma dobbiamo fare il nostro dovere, non ho l’illusione che sia l’arma penale a ridurre la corruzione». Per Nordio, caso mai servirebbe «una giustizia globalmente più snella e veloce, che si occupasse dei veri grandi reati, come quelli di cui ci stiamo occupando oggi, liberandoci dei reati bagatellari che intasano i tribunali e talvolta e anche le carceri. Così avremmo solo benefici di ritorno. Purtroppo però ho l’impressione che anche dopo questa vicenda la reazione sarà quella di nuovi reati e nuove pene, ed è una strada assolutamente sbagliata». a cura di Ornella Felici

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