Mauro Leonardi

Tania Cagnotto e Francesca Dallapé: alla fine il seme germina la pianta

Tania Cagnotto e Francesca Dallapé hanno conquistato la medaglia d’argento nel trampolino sincro 3 metri alle Olimpiadi di Rio e si riscattano alla grande dopo la delusione del quarto posto a Londra.

Ci sono degli argenti che pesano di più: non è solo questione di grammi quanto pesi una medaglia. È una questione più sottile, una questione che ha il suo peso: un peso che non affonda ma che fa volare. Sono quei pochi secondi, quei pochi punti, che fanno perdere un’olimpiade e ti affondano. Sono quei pochi secondi, quei pochi punti, che fanno vincere un’olimpiade e ti fanno volare. I secondi, i punti, che formano un minuto sono diversi se sono alle spalle o davanti.

La tempra di uno sportivo – lo diceva De Gregori – non si vede solo dalla preparazione fisica, perché ci vuole l’anima per muovere i muscoli. A volte il seme di una vittoria è veramente piccolo e se ne sta nascosto nella terra a lungo. Non si inizia sempre dal podio. Ti prepari per anni e poi schizzi un po’, perdi un po’ di sincronia, e tutto è perso. Ma per la precisione non è mai tutto perso. È perso quell’oro, quel podio, quella gara. Ma non è perso quel seme. Se il seme c’è, prima o poi, è legge di natura, germinerà: ciò che è seminato, sfonda la zolla, conquista la luce. Prima o poi, se sei un campione, il campione si vede. Prima o poi, se ci hai messo l’anima, i muscoli reggono, tirano fino in fondo, sincronizzati, guizzanti, pronti, vincitori.

A me fa sempre pensare che il podio sia in alto e che per ricevere la medaglia devi piegarti. Piegare la schiena e il capo per ricevere il tuo premio. Secondo me non è casuale. I vincitori che lo sono non per le medaglie ma perché sono campioni, sono umili. Sanno di essere stati seme prima che albero. Sanno di essere arrivati a bordo campo, bordo piscina, bordo pista, non da soli ma con la forza di tanti che hanno creduto in loro, che non hanno mollato quando tutto era da mollare.

E allora mi piace che un campione piegando la testa per ricevere al collo la medaglia, si inchini un po’. Perché anche se il podio è solo per uno, è vero che quell’uno se è arrivato lì sopra è perché non era solo.
Ecco perché i campioni veri non esultano mai da soli ma c’è tutta una corsa di gente che gli va incontro appena arrivati. Sono gli altri, quelli che fanno di un vincitore un campione: la sua squadra. Sarà per questo che lo sport è così fondamentale per la vita: seme, perdere, vincere, attendere, non essere soli, non sono metafore ma modi di raccontare una vittoria, una vita.

Di Don Mauro Leonardi

Tratto da L’Huffingtonpost


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