Categorie: Italiae et Ecclesia

La tenda di don Franco è sempre aperta per gli ‘irrecuperabili’

Don Valeriani, parroco di Valtopina (Perugia): “La strada quasi un secondo seminario, dove ho capito cosa significa dedicarsi ai poveri e agli ultimi come sacerdote”. Dall’esperienza romana alla pastorale fra i giovani di Foligno, poi la fondazione nel settembre del 1981 della “Comunità La Tenda”. E poi l’orizzonte diventa il mondo: in Chiapas ha costruito un ospedale pediatrico.

In mezzo alla gente da 40 anni condividendo ogni cosa, con un sogno nel cuore: il mondo come una tenda, sempre aperta, a tutti senza distinzioni. L’immagine della tenda è un po’ la stella polare che guida don Franco Valeriani, sacerdote umbro, parroco di Valtopina, comune di circa 1500 abitanti, in provincia di Perugia. Uno di quei preti che, per dirla con le parole di Papa Francesco, non ha mai “voltato la faccia dall’altra parte” davanti alla sofferenza delle persone, soprattutto quelle più emarginate e sole. Sin dall’inizio, quando era ancora seminarista. Poi un ripensamento, se proseguire gli studi di teologia e diventare o meno sacerdote, e il viaggio a Roma, dove questa volta da studente di sociologia, “davo una mano ad un mio amico prete nella sua parrocchia in periferia nel quartiere delle Valli”. Oggi vive parte del suo tempo nella casa “Stella del Mattino” a Spello, insieme a due ospiti, “ma stiamo ritinteggiando e presto ne verranno degli altri”.

“Le esperienze forti vissute nel periodo romano, il tempo trascorso a contatto con i barboni, i senza tetto, con gente disagiata di vario tipo – ricorda don Franco – mi hanno fatto ritrovare la direzione. La mia strada è ‘la strada’, quasi un secondo seminario, dove ho capito cosa significava dedicarsi ai poveri e agli ultimi come sacerdote. A quel punto sono tornato dal mio vescovo, Giovanni Benedetti, oggi emerito di Foligno, gli dissi che ero pronto a riprendere la mia strada verso il sacerdozio. Il vescovo mi ha accolto e mi ha mandato a sant’Eraclio, nei pressi di Foligno”. Non è un caso che la storia di don Franco cominci sulle strade del Folignate dove, ricorda, “ho lavorato con tanti giovani mettendo a frutto l’esperienza nella periferia romana. Ricordo che abbiamo partecipato alla ricostruzione post terremoto in Friuli del 1976, fatto esperienze a Santiago de Compostela, dove vado dal 1995 accompagnando anche tanti giovani, a Taizé, e poi dedicandoci all’accoglienza e assistenza delle persone anziane”. A far prendere coscienza del disagio sociale che cresceva sempre più nella zona “le prime morti per overdose”. Nasce così nel settembre 1981 la “Comunità La Tenda”, uno spazio di accoglienza diurna non solo per tossicodipendenti ma anche di emarginati al centro di Foligno. “Fu questo il primo passo di un percorso che ha visto la nascita di diverse comunità, tante tende aperte e pronte ad accogliere persone sole, abbandonate, malate, gente priva di lavoro e che ha perso anche la dignità. Oggi è cambiato tutto anche il disagio” spiega don Franco che indica nella “crisi di identità, nel vuoto interiore” la causa di questa mutazione. “Negli ultimi 15 anni le famiglie sono state distrutte da separazioni e divorzi e i figli sono cresciuti sbandati”.

Che risposta dare a questi nuovi bisogni? “Accoglienza e condivisione, queste sono le parole chiave, così si annuncia il Vangelo. Condividere è prendere anche il loro odore, mangiare, lavorare, stare con loro. La gente ti segue se condividi tutto, se mostri di volerle bene. Il bene è l’unica strada che produce qualcosa”. Questo vale anche con i giovani volontari che operano con il sacerdote e che vengono in buona parte da S.Eraclio e dalla sua parrocchia attuale di Valtopina. “Il nostro stile di vita era ed è questo. Il nome della comunità, la Tenda, lo richiama. La tenda non si chiude, è aperta a tutti. Quando le persone vedono che ci sono altri che vivono insieme a loro è il momento in cui si chiedono perché lo facciamo. L’annuncio si materializza. Chi arriva da noi sono coloro che vengono reputati rifiuti della società, i cosiddetti irrecuperabili, per cui non vale la pena spendere e spendersi. Nelle nostre comunità cerchiamo di dare loro conforto oltre a un piatto caldo”. Un impegno che non si limita al solo sostegno immediato ma che cerca di anche di ridare speranza nel futuro e dignità. “In questo siamo aiutati da una rete di amici, imprenditori, negozianti, aziende di vario tipo, che magari offrono dei piccoli impieghi e borse lavoro. Apprendono un mestiere e qualche volta vengono assunti. In questo modo riprendono coraggio e speranza ed evitano di buttarsi via. Facciamo in modo che possano riprendere in mano la loro vita”. Nel mondo a forma di tenda di don Franco tutti possono giocare un ruolo positivo attivando un circolo virtuoso con il territorio.

Ma il territorio, per don Franco, non si ferma a Foligno. Il paesaggio umbro di cittadine medioevali chiuse dentro le loro cinte murarie quasi stonano con la sua immagine della tenda sempre aperta, anche al mondo. Da venti anni, insieme alla cooperativa “La tenda” si reca in Guatemala, Nicaragua, Messico, San Salvador, per portare l’aiuto delle sue comunità alle popolazioni indigene di quelle terre. I suoi occhi brillano quando parla del Chiapas, in Messico, dove nei villaggi si condivide tutto, dal cibo alla malattia, dalla povertà a quel poco di bene che si possiede. È nel Chiapas che don Franco e i suoi hanno costruito un ospedale pediatrico dove adesso si fanno anche trapianti. “Lì ho imparato che la condivisione ti dà la possibilità di sentirti strumento nella mani di Dio” racconta. Mentre parla entra Theo, un giovane etiope, che dal 2002 vive e lavora a Spello. “Cosa c’è da mangiare? C’è posto per me a tavola oggi?” domanda sorridente mentre scoperchia le pentole. Annusa l’odore dei fornelli, si mette un po’ di pasta e comincia a mangiare. A Spello la tenda è aperta, non chiude mai…

Di Daniele Rocchi per Agensir

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