A pochi giorni dall’incontro del Papa con Bartolomeo il patriarca greco ortodosso di Gerusalemme racconta il percorso tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa sulla difficile via dell’unità. Sua Beatitudine Teofilo III racconta a Vatican Insider il percorso della Chiesa cattolica di Gerusalemme e quella ortodossa nella difficile via dell’unità nella terra della Rivelazione:
“L’incontro che ebbe luogo nel 1964 fu fondamentale, perché aprì le strade al dialogo tra la Chiesa Cattolica di Roma e quella Ortodossa”. Teofilo III, patriarca greco ortodosso di Gerusalemme in carica da dal 2005, non era presente cinquant’anni fa all’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora, ma oggi dice di “assaporare ancora i frutti di quel gesto coraggioso e rivoluzionario”.
Cos’è realmente cambiato da quell’incontro nel dialogo tra i cattolici e gli ortodossi?
“Prima di tutto io penso che da quel momento abbiamo veramente cominciato a parlare di dialogo. Abbiamo iniziato a pregare per l’unità, ci siamo accorti di avere persino un obbligo in questo senso imposto dalla Divina Liturgia. Però, prima di porre l’Unità dei cristiani in termini amministrativi, che è sempre molto rischioso, io credo che dovremmo fissare le nostre preghiere per trovare l’unità dello spirito, della mente e del cuore”.
Oggi, alla vigilia dell’incontro tra papa Francesco e Bartolomeo, che bilancio ci offre di questi cinquant’anni di ecumenismo?
“Il dialogo continua, ed è sorprendente notare come abbiamo raggiunto certi risultati. A distanza di anni ci ha abbandonato tutto quel bigottismo, i sospetti e le incomprensioni che ci accomunavano. A Gerusalemme, per esempio, quando veniva celebrato un matrimonio tra un cattolico e un ortodosso le campane suonavano a morto. Oggi è festa per entrambi”.
Tra pochi giorni papa Francesco e Bartolomeo si incontreranno, non più sul monte degli Ulivi come i loro predecessori ma nel luogo della Risurrezione, al Santo Sepolcro. Cosa succederà?
“Prima di tutto io credo che non possiamo metterci a fare dei calcoli su come andrà quest’incontro, quali risultati porterà a livello reale nel dialogo ecumenico, e tutte le altre congetture di cui troppo spesso ci riempiamo la bocca. L’incontro tra il Papa e il patriarca Bartolomeo è innanzitutto un incontro voluto dallo Spirito Santo, e perciò –ultimamente – non si può comprendere fino in fondo. Forse riusciremo a raccoglierei i frutti solo tra diversi anni. Ma c’è un aspetto di cui sono certo: l’incontro in quel luogo così importante dell’intera Cristianità mette l’esito nelle mani dello Spirito: sarà lui a lavorare e darci i risultati in futuro”.
Come riesce a trasmettere questa prospettiva ecumenica alla sua Chiesa, tra la gente che abita nella Città Santa?
“E’ difficile, ma non impossibile. Anzi direi che è un compito fondamentale. Il dialogo è la via che dobbiamo stabilire per affrontare le difficoltà di questa terra. Richiede sacrificio, perché ognuno deve rinunciare a qualcosa – e sappiamo bene cosa significhi rinunciare a qualcosa qui a Gerusalemme – ma io non vedo altre strade da seguire se non seguendo l’esempio che ci daranno tra pochi giorni questi due grandi uomini di fede”.
Quali sono le sue aspettative per l’incontro di domenica pomeriggio?
“Più che sulle mie aspettative vorrei dire che la mia gioia più grande è l’affermazione che entrambi vogliono dare in questo incontro: siamo sulla buona strada, continuiamo a camminare insieme. Litigheremo ancora, senza dubbio, ma se camminiamo insieme, sulla stessa via, uniti prima di tutto nello Spirito, potremo finalmente rileggere il passato in modo redento e affrontare il futuro in modo sereno. E saremo una presenza tangibile in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. Questa terra ne ha bisogno, e io per primo”. A cura di Redazione Papaboys fonte: vaticaninsider.lastampa.it