Chiesa e giardino si trovano nel luogo in cui Gesù trascorse la notte in preghiera, mentre gli apostoli si erano addormentati, prima di essere arrestato dalle truppe romane condotte da Giuda. E’ uno dei primi luoghi identificati già nel IV secolo, e la chiesa, citata negli scritti di Egreria, la pellegrina cristiana che descrisse i suoi viaggi in Terra Santa, venne ricostruita dai crociati dopo il terremoto del VIII secolo, abbandonata nel XIV secolo, ed infine ricostruita nuovamente nel 1924. La Basilica dell’Agonia, che evoca le lacrime di sangue piante da Gesù in attesa della propria crocifissione, è un capolavoro di forte impatto emotivo. Lo splendore delle tessere d’oro, appena rivelato dalla luce che filtra dall’alabastro delle finestre, pone ognuno nell’acuta consapevolezza della miseria di questo mondo lasciando percepire una fugace visione dell’aldilà.
Secondo quanto descritto dai Vangeli, Gesù, terminata la cena con i suoi apostoli, si avvia verso il monte degli Ulivi e si ferma nel podere chiamato Getsemani: “Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare” (Matteo 26,36); ”poi giunsero in un podere detto Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedete qui finché io abbia pregato” (Mc 14,32);“dette queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Chedron, dov’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli” (Gv 18,1); “Poi giunsero in un podere detto Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedete qui finché io abbia pregato». Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e cominciò a essere spaventato e angosciato. E disse loro: «L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate». Andato un po’ più avanti, si gettò a terra; e pregava che, se fosse possibile, quell’ora passasse oltre da lui. Diceva: «Abbà, Padre! Ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! Però, non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi»” (Mc 14,32-26); “Colui che lo tradiva, aveva dato loro un segnale, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; prendetelo»” (Mt 26,48); “Ma uno di quelli che erano lì presenti, tratta la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio” (Mc 14,47).
Il Monte è formato dall’insieme di tre alture, da cui scendono le ripide vie che portano a valle: da nord a sud si incontra “Karmas-Sayyad” (vigna del cacciatore) con 818 m. di quota; al centro “Djebel et Tur” (monte santo) di 808 m.; a sud-ovest, al di là della strada che da Gerusalemme portava a Gerico, si trova “Djebel Baten al-Hawa” (ventre del vento), detto anche monte dello Scandalo, con 713 m. di altitudine. L’altura ha svolto un ruolo di primo piano nella storia ebraica. Nella Bibbia si legge che il re Davide uscì dalla città, scalzo e piangente, salendo il Monte degli Ulivi, per sfuggire al figlio Assalonne, che congiurava contro di lui (2 Sam 15,30); il re Giosia distrusse gli “alti luoghi” costruiti sul Monte dal re Salomone per adorare le divinità delle sue mogli straniere (1Re 11,7; 2Re 23,13). Dopo la prima distruzione del Tempio di Gerusalemme, gli ebrei iniziarono a recarvisi in pellegrinaggio, poiché, secondo la tradizione, la Gloria del Dio d’Israele uscì dalla città e si pose sul monte che sta a oriente (cf. Ezechiele 11,23).
Nel periodo del Secondo Tempio, i falò accesi sulla sommità del Monte, annunciavano agli ebrei della diaspora la luna nuova del capodanno religioso: una staffetta di luci accese sulle alture propagavano l’annuncio fino a Babilonia (Mishna, Rosh Ha-Shana 2,4). Anche la giovenca dal pelo rosso veniva bruciata sul Monte degli Ulivi: le sue ceneri, mescolate con l’acqua della fonte di Gihon, servivano per purificare chiunque fosse divenuto impuro dal contatto con i morti (Mishna, Para 3,6-7). Ai piedi del Monte, infine, si trovano altre due importanti memorie gerosolimitane, strettamente connesse alla Chiesa nascente: l’antica Tomba di Maria, accreditata dalla versione siriaca del “Transitus B.M. Virginis” del II secolo d.C., e la Chiesa di S. Stefano, costruita in tempi recenti, a ricordo del martirio del primo vescovo di Gerusalemme, lapidato e sepolto, secondo un’antica tradizione, accanto ad una roccia in questo luogo. di Ornella Felici
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