E l’intervento è qui davanti ai nostri occhi: una scuola di fango che può accogliere i circa 50 bambini delle quattro comunità beduine dell’area. Le mura sono state costruite, mancano finestre e rifiniture. «La scuola sarà pronta a giugno. Abbiamo utilizzato i mattoni di fango perché il costo per produrli è zero e per incoraggiare le comunità palestinesi a rischio di trasferimento ad utilizzarli per costruire le loro case». I lavori per la scuola sono durati molto poco: in due settimane la struttura è stata terminata. Non senza problemi: i soldati israeliani delle vicine basi militari hanno notato i lavori e hanno dichiarato l’area «zona militare chiusa». Quel giorno, il 20 marzo scorso, a Samra c’era un centinaio di attivisti pronti ad aiutare nella costruzione della piccola scuola. Dopo la diramazione dell’ordine militare, nessuno poteva né entrare né uscire dalla comunità. «Abbiamo deciso di organizzarci diversamente, di lavorare in piccoli gruppi, mentre il resto di noi copriva la visuale ai soldati fingendo di non lavorare. Ci davamo il cambio e l’esercito non si è accorto che nel frattempo la scuola cresceva. In un giorno l’abbiamo portata a termine. È stato un successo».
Ora la comunità di Samra, in attesa di terminare le rifiniture, spera di ricevere dall’Autorità Palestinese il riconoscimento dell’istituto. Ciò significherebbe l’invio di insegnanti governativi e l’accesso ai programmi scolastici nazionali. La stessa cosa che il Jvs ha fatto in altre comunità palestinesi della Valle del Giordano, come Fasayel e Al Jiftlik: prima ha costruito le scuole con i mattoni di fango, poi ha ottenuto il riconoscimento del governo, evitando in questo modo anche il rischio di demolizione da parte delle autorità israeliane, che qui dettano legge. «Nella Valle del Giordano, ci sono solo 16 scuole, di cui tre appartenenti alle Nazioni Unite – continua Sireen –. Sono molto poche e non coprono tutti i bisogni. Solo tre di queste sono costruite in Area C (territorio sottoposto al pieno controllo civile e militare israeliano, dove è impossibile per i palestinesi costruire strutture permanenti – ndr). Il principale ostacolo al diritto all’educazione qui è proprio l’occupazione militare israeliana che ci impedisce di costruire scuole, visto che il 95 per cento della Valle del Giordano è in Area C o all’interno di zone militari di addestramento. Sulle tre scuole costruite in Area C pesano ordini di demolizione». «Il nostro obiettivo è promuovere il diritto all’istruzione, dare ai nostri figli l’opportunità di studiare. Loro vogliono un’educazione, ecco perché le famiglie palestinesi lasciano le comunità prive di una scuola. Prima dell’occupazione militare, nel 1967, erano 300 mila le persone residenti qui. Oggi siamo solo 56 mila. Siamo certi che costruendo scuole la gente tornerà a vivere qui: oggi i bambini devono camminare ore e ore per raggiungere gli istituti più vicini e attraversare check-point militari o colonie israeliane». «Io sono un’insegnante, per me è fondamentale», conclude Sireen, mentre ci allontaniamo dalla scuola di Samra. «Non dimenticherò mai uno studente, si chiamava Ayman, aveva 13 anni. Un giorno dei coloni gli uccisero il cavallo proprio davanti ai suoi occhi, era un regalo di suo padre. Mi disse che la morte del cavallo lo aveva reso molto triste, ma anche umano. Mi disse: “Ho capito come si fa ad essere umani e che devo combattere per i miei diritti”. Quel giorno lui era l’insegnante e io lo studente». di Chiara CruciatiUn appuntamento storico: si svolse giovedì 14 novembre 2002, a Palazzo Montecitorio, la visita di Sua Santità Giovanni Paolo II…
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