Si sono aperti ieri a Betlemme i lavori i lavori dell’Holy Land Coordination 2016, di cui fanno parte vescovi di Usa, Canada, Ue, Sud Africa e delegati del Ccee e della Comece, tra cui per l’Italia mons. Rodolfo Cetoloni. In precedenza visita al villaggio cristiano di Taybeh. Oggi alla delegazione è stato impedito di visitare le terre espropriate ai cristiani nella Valle di Cremisan.
«Siamo spazzati da un’onda di terrore e da una escalation di tensione tra Israeliani e Palestinesi. Per noi quello trascorso è stato un anno disastroso, per la nostra terra, e per il mondo intero. Continuiamo a condannare la violenza e diciamo grazie a Papa Francesco per i suoi appelli alla pace». Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, aprendo ufficialmente a Betlemme i lavori dell’Holy Land Coordination 2016, di cui fanno parte vescovi di Usa, Canada, Ue, Sud Africa e delegati del Ccee e della Comece.
La visita di quest’anno è stata preceduta da una due giorni di incontri nella Striscia di Gaza e proseguirà da domani in Giordania dove i vescovi porteranno la loro solidarietà ai profughi e rifugiati cristiani ospitati nel regno hashemita. «In Giordania – ha spiegato il patriarca – la Chiesa e le nostre istituzioni continuano a portare avanti un lavoro importante di accoglienza educativa, sanitaria, abitativa, umanitaria in modo particolare verso i rifugiati iracheni».
Richiamandosi alla sua partecipazione alla recente Commissione bilaterale delle delegazioni del Gran Rabbinato di Israele e della Commissione della Santa Sede per le relazioni con gli ebrei, Twal ha sottolineato i tre punti emersi dai lavori che devono guidare l’azione della Chiesa verso i rifugiati e i migranti: «il rispetto per ogni persona; riconoscere i migranti come una risorsa, rispettarne la loro dignità umana e aiutare in questa azione i governi e le opinioni pubbliche». «L’Anno della Misericordia – ha concluso Twal citando Papa Francesco – ci aiuti a essere, come Chiesa, un luogo di compassione e di speranza, dove tutti sono accolti, amati e perdonati».
In precedenza, nel villaggio cristiano di Taybeh a circa 40 chilometri da Gerusalemme, i vescovi dell’Holy Land Coordination hanno visitato la parrocchia latina locale, guidata da padre Johnny Abu Khalil. «Servono nuovi leader che possono venire solo da una diversa educazione e istruzione dei giovani. Non si possono educare le nuove generazioni a guardare ai loro coetanei come dei nemici o dei terroristi», ha detto ai vescovi il patriarca emerito di Gerusalemme, Michel Sabbah, presente all’incontro. Il patriarca ha parlato di «impasse totale» nella ricerca di una soluzione del conflitto israelo-palestinese. «Israele, che significa Netanyahu, non vuole uno Stato palestinese. I palestinesi – ha aggiunto Sabbah – a loro volta sono divisi tra Fatah e Hamas, e questa spaccatura non li rafforza sul piano internazionale». Da qui l’esigenza di avere nuovi leader. Ma questi «possono venire solo da una diversa educazione e istruzione dei giovani.
Gli israeliani non possono guardare ai loro coetanei palestinesi come terroristi e nemici», e viceversa. «Come cristiani – ha concluso Sabbah – siamo chiamati a vivere in pace in una situazione di guerra. Questo ci viene chiesto di fare: al nostro popolo dobbiamo dire che la violenza è assurda e inutile, andare per uccidere e rimanere uccisi dai soldati israeliani è insensato. Dobbiamo restare vivi e aspettare la pace. L’importante è non perdere la speranza, cercare di vivere la nostra vita nel modo migliore. Tante persone pregano per la pace e chiediamo loro di continuare».
Nella foto dell’Agenzia Sir la delegazione Hlc2016 bloccata dai militari israeliani nel tentativo di visitare le terre espropriate ai cristiani della valle di Cremisan.
Redazione Papaboys (Fonte www.toscanaoggi.it)