Esiste un rapporto di causa-effetto tra interventi di abusivismo edilizio e i crolli di edifici a Ischia? Ci sono stati casi di inosservanza delle norme antisismiche? Oppure, come sostengono diversi amministratori locali, i cedimenti delle strutture hanno riguardato esclusivamente case antiche, edificate con materiale friabile e per questo fragili da non reggere a una scossa pur di non rilevante entità?
Sono gli interrogativi ai quali gli inquirenti della procura di Napoli, che hanno avviato già all’indomani della scossa gli accertamenti preliminari, cercheranno di dare una risposta per individuare eventuali responsabilità. L’ipotesi su cui si lavora è disastro colposo e omicidio colposo plurimo.
Oggi, mercoledì, intanto nuovo sopralluogo dei magistrati sull’isola. Il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli ed il sostituto Michele Caroppoli si sono recati a Ischia per una ricognizione nei luoghi maggiormente colpiti dal sisma
di lunedì sera, in particolare a Casamicciola dove sono morte due donne e numerose persone sono rimaste ferite.Gli esperti dovranno accertare se i crolli siano stati determinati dalla scadente qualità del materiale di costruzione o da opere abusive e altre cause. Borrelli e Caroppoli, al termine del sopralluogo, hanno nominato due ingegneri come consulenti tecnici ai quali, al momento, è stato conferito l’incarico di consentire la messa in sicurezza dello stato dei luoghi dove si sono verificati i crolli con modalità tali da poter consentire successivamente gli accertamenti per stabilire le cause. In pratica in questa prima fase i tecnici dovranno coordinare gli interventi per la conservazione dello stato dei luoghi.Alcuni abitanti di Casamicciola sono convinti che siano stati lavori abusivi all’origine di alcuni crolli. Come Francesco, che abita vicino al palazzo dalle cui macerie sono stati tratti in salvo i tre bambini. “Hai voglia a dirgli: non costruite due, tre, cinque piani, perché qui è tutta zona sismica e un piccolo movimento butta il palazzo a terra. Lo dicevo tutti i giorni”, ha detto al Tg2. “Al primo piano c’era una cantina antica e hanno costruito sopra
. Il palazzo crollando ha buttato pure la casa mia a terra. È un guaio, ho la casa distrutta, la dobbiamo solo abbattere”.Non sono d’accordo però i sei sindaci dell’isola. “Ischia non è la capitale dell’abusivismo, non siamo una collettività di abusivi”. Dicono i primi cittadini, che guidano la “rivolta” degli ischitani per tutelare l’immagine dell’isola e provare ad arginare la fuga dei turisti. La gran parte dell’isola, si sgolano in tv e sui social, non ha subito danni: “Non siamo un’isola terremotata, non ci sono rischi”. “I turisti possono venire”, rassicura il ministro della Difesa Roberta Pinotti che da Ischia annuncia la delibera di stato di emergenza per il Consiglio dei ministri del 29 agosto.
I sindaci dell’isola di Ischia si appellano ai turisti: restate, solo una piccola parte dell’isola ha subito danni (Lapresse)
I sindaci parlano così, i cittadini li applaudono. Si arriva quasi alla rissa con i giornalisti a Casamicciola. “Basta sciacallaggio mediatico”, urlano. “Ischia non è tutta terremotata. Una diversa rappresentazione della situazione sta arrecando più danni del terremoto”, accusa Ferrandino, mentre su Facebook vengono lanciati gli hashtag #Ischiavive, #IloveIschia. Si fanno circolare testimonianze come quella di Rossella: “Ci descrivono come abusivisti a piede libero, criminali, ma mio nonno a 92 anni ha perso la sua casa che non era abusiva”. I lavoratori stagionali raccontano il loro timore di perdere il posto. Solo poche frazioni di due Comuni – si sgolano i sindaci – hanno subito gravi danni.
Gli sfollati in albergo (ma molti sono ospitati da parenti) sono al momento circa 400 sui 60mila residenti. E così, mentre si mobilita con raccolte fondi per aiutare chi ha perso la casa, l’isola si ribella a un’immagine di devastazione che potrebbe provocare danni “incalcolabili”.
“Il turismo qui è come il petrolio – concorda il ministro Pinotti -. È fondamentale non dare l’immagine di un’isola distrutta perché così non è”.
Fonte www.avvenire.it
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