ABRUZZO – L’AQUILA – “A me sembra che il decennio 2009-2019 per la città de L’Aquila – quindi, per la sua ricostruzione culturale, sociale, architettonica – rappresenti un tempo decisivo, da cui dipenderanno i prossimi cinquant’anni”. Lo ha detto monsignor Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L’Aquila, alla vigilia del sesto anniversario del terremoto. Questa generazione, secondo il presule, “ha una responsabilità verso le generazioni che la seguiranno ed è chiamata a realizzare un compito fondamentale”. In tale prospettiva, l’arcivescovo ha ringraziato “tutte le persone e le varie Istituzioni che – a livello nazionale, regionale, locale – hanno preso a cuore la sorte della nostra città e si sono impegnate seriamente per avviare il processo della ricostruzione in modo autentico e integrale”. C’è un “compito”, però, che spetta alla gente, poiché è necessario che si attivi una “mobilitazione civica” e venga promossa una “missione di popolo”, che non possono essere delegate alle Istituzioni. “Noi, oggi, come credenti e come cittadini – ha chiarito -, abbiamo il dovere di preparare un futuro buono, ricco di prospettive di crescita, per i bambini e i ragazzi di questa generazione, affinché, da adulti, non si ritrovino ad abitare una città ricostruita solo nelle sue strutture murarie, ma vivano come persone libere in L’Aquila risorta”. “Ricordiamo una ad una le 309 vittime del sisma. Non li dimenticheremo! Resteranno punti di riferimento stabili, che ci obbligano ad impegnarci nel ‘processo di rinascita’, che può essere efficace se corale e collettivo”, ha affermato. Solo una “comunità”, infatti, “può produrre, con l’aiuto del Risorto, questo prodigio, nel quale noi crediamo e per il quale ci spendiamo fino in fondo”. Di qui l’auspicio: “Il cuore di questa città oggi deve pulsare con battiti più intensi e più forti, perché il sangue della solidarietà e della sinergia circoli nell’intero organismo ecclesiale e civile, promuovendo motivi di speranza e prospettive di un futuro migliore, che garantisca a tutti e a ciascuno una crescita dignitosa e integrale”. Questo momento sia “un segno che poggia tutti noi sulla certezza che Dio non ci abbandona, poiché il Signore sa trarre anche da un male immane, come il terremoto, un bene misterioso e più grande”. “Che il Signore ci accompagni in questo nostro viaggio in un tempo che vogliamo lungimirante e operoso. L’Aquila del nostro tempo non ha soltanto bisogno di ‘altri’ giorni o di ‘giorni in più’: ha bisogno, invece, di ‘giorni diversi’, cioè di giorni attraversati dalla luce della verità, dell’amore e della comunione”, ha concluso, auspicando che “il Signore ci veda tutti protagonisti di una storia bella: storia che potremo trasmettere alle generazioni che verranno”. Fonte: Agensir