I drammatici fatti di Parigi, nonché l’avanzare negli ultimi mesi del sedicente Stato Islamico in Iraq e Siria, riportano in primo piano il delicato rapporto tra internet e la diffusione del terrorismo internazionale. E’ attraverso il web infatti che spesso vengono reclutati giovani combattenti o che singole cellule jihadiste entrano in contatto tra di loro. Tuttavia la rete è anche importante strumento di contrasto del fenomeno.
Lo conferma Giovanni Ziccardi, docente di Informatica Giuridica all’Università Statale di Milano al microfono di Paolo Ondarza della Radio Vaticana. Ecco il servizio.
R. – Internet è sempre stato il più grande mezzo di diffusione della conoscenza e delle informazioni. Così come questo viene usato nel bene per veicolare, ad esempio per messaggi positivi, è naturale che venga usato largamente anche per diffondere messaggi negativi. Anche nell’ambito del terrorismo può essere utilizzato per fini positivi o negativi. Se da un latointernet è utilissimo, ad esempio, per combattere il terrorismo, per svolgere investigazioni, dall’altro sono tantissimi ormai, da più di dieci anni, i siti che cercano di fare propaganda, vera e propria attività di reclutamento, su soggetti che sono d’accordo con le cause che vengono portate avanti e con le considerazioni che vengono fatte. È uno strumento che ha due volti, uno positivo ed uno negativo un po’ come tutti gli aspetti della nostra società. Secondo me, il rischio più grande è di voler criminalizzare il mezzo pensando che sia strettamente connesso al problema.
D. – Su internet possono circolare le più svariate informazioni. Quali riflessioni possono essere fatte in merito al binomio internet – libertà d’espressione, quando a circolare sono incitamenti all’odio, reclutamento di terroristi tra i giovani …
R. – Secondo me, occorre fare una distinzione tra espressioni che rientrano nella libertà di manifestazione del pensiero, che possono essere sgradevoli, violente, di odio, ma gran parte degli ordinamenti comunque le tutelano perché rientrano nella libertà di espressione. La cosa cambia quando queste informazioni diventano illecite, cioè contrarie alla legge di determinati ordinamenti. Se oggi in Italia una persona su un forum, o su un sito organizza un attentato terroristico o recluta persone per organizzare un attentato, ovviamente dopo due ore viene individuato e arrestato perché è un reato.
D. – La propaganda jihadista non viene invece perseguita …
R. – Dipende da quale Stato proviene, da quali tipi di siti proviene, dalla normativa e dai rapporti internazionali tra Stati in riferimento alla normativa. Il diritto richiede che la singola frase posta su un forum di discussione venga analizzata per vedere se ci sono determinati tipi di reati.
D. – A suo modo di vedere questo stato di cose lascia spazi aperti alla divulgazione e al prosperare del terrorismo on line?
R. – Non lascia spazi aperti al prosperare del terrorismo, lascia spazi aperti alla comunicazione anche correlata al terrorismo. Secondo me questo è un bene, nel senso che il terrorismo vive essenzialmente di chiusura delle informazioni. Più internet è libera, cioè più permette la diffusione delle conoscenze e delle varie opinioni, più può essere utile per combattere il terrorismo. Molto spesso si pensa che chiudere i siti sia benefico, in realtà l’apertura della diffusione delle informazioni è di solito il metodo migliore per combattere fenomeni come il terrorismo che vivono invece nella chiusura.
D. – Nel 2014 ci sono stati 1025 attacchi hacker a siti istituzionali. Lo rivela il Centro nazionale anticrimine informatico. Gli hacker, terroristi o meno, possono entrare in possesso di documenti riservati dei servizi segreti? Se sì, si profila un altro vulnus della rete …
R. – È un tasto delicatissimo, sono d’accordo. Il numero degli attacchi probabilmente sarà sempre in salita e ci sarà sempre maggiore difficoltà nel mantenere segrete le informazioni. In futuro questi sistemi saranno sempre più vulnerabili. Secondo me mantenere il segreto, soprattutto per quelle organizzazioni che si basano sul segreto, sarà sempre più complesso. Il problema è che da un lato le competenze degli esperti di informatica sono aumentate molto, e dall’altra non si può pretendere oggi di mantenere sicuri dei documenti riservati se in qualche modo sono su siti web o collegati in rete. Ma del resto nessuno oggi può rinunciare alla connessione.
D. – E nel piccolo è un discorso che riguarda la privacy di noi tutti …
R. – Esatto, si pensi anche a tutti i dati personali. Però è molto raro che una persona sia oggetto di un attacco a meno che non ci siano delle motivazioni, mentre un’infrastruttura dei servizi o istituzionale diventa un obiettivo più evidente.
Link all’articolo originale di Ondarza con il contributo audio: