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Il terrorista che ‘protegge’ la Sagrada Familia dagli attentati

Sembra che gli attentati di Barcellona e di Cambrils fossero il complemento di un attentato più simbolico: far saltare in aria la Sagrada Familia. È uno dei monumenti più visitati dell’Occidente, opera di Antoni Gaudí, l’architetto più conosciuto del mondo.

 

Tra le sculture della Sagrada Familia, già dall’epoca di Gaudí, si trova un terrorista e questo, credo, chi stesse progettando l’esplosione non lo sapeva.
La Sagrada Familia, con le sue forme che stupiscono i visitatori, si distingue dalle altre grandi chiese per essere circondata da un grande chiostro; l’aspetto è di una muraglia aperta come quella che circonda la Gerusalemme celeste. Un chiostro che attraversa le monumentali facciate dedicate ai misteri della Nascita e della Passione di Gesù e progettato per poter celebrare la processione della Via Crucis e pregare comunitariamente il Rosario. Un anello di protezione fatto di pietre e preghiera, una cinta dedicata a Maria. All’interno dell’inusuale chiostro, Gaudí lasciò costruito un portale dedicato alla Madonna del Rosario: e lì, alla destra di Maria, tutta ricoperta di rose, appare una piccola immagine di un uomo moderno.
L’imponenza e la bellezza di Maria e dei santi del Rosario, Santa Caterina da Siena e san Domenico, attraggono lo sguardo del pellegrino che visita la chiesa espiatoria di Barcellona, ma quel piccolo uomo è lì, inginocchiato, con lo sguardo fisso alla Madonna e con la mano sinistra allungata verso il basso. Sotto di lui un essere deforme, un rettile antropomorfo, gli offre una bomba Orsini, la bomba sferica tipica degli attentati anarchici. Rappresenta Santiago Salvador, un anarchico, che deve la sua notorietà all’essere stato nel 1893 l’artefice della strage al Teatro Liceu con 22 morti e 33 feriti. Quando fu interrogato dalla polizia dopo l’arresto dichiarò: «Non volevo uccidere delle persone determinate. Mi era indifferente uccidere uno o l’altro. Il mio desiderio consisteva nel seminare il terrore e l’angoscia».

Gaudí conosceva personalmente le vittime dell’attentato che appartenevano a una famiglia cui era legato da profonda amicizia. Quella strage non fu frutto della pazzia di un uomo isolato, ma di un movimento che voleva affermarsi a qualunque costo. Erano tempi di continui scioperi generali, con “pistoleros” che giravano per le strade con l’intento di uccidere gli insurrezionisti. Lo stesso Gaudí, che tutti i giorni si dirigeva nel centro di Barcellona per parlare con il suo confessore, poteva diventare un bersaglio, tanto che i suoi discepoli temevano che un proiettile avrebbe potuto colpirlo. Tra gli stessi lavoratori della Sagrada molti facevano parte del sindacato anarchico.
E allora perché quell’immagine? Perché un anarchico sul punto di scagliare una bomba è rappresentato vicino a san Domenico, immagine dell’uomo puro che abbandona il suo stato sociale per la povertà e per la vita di contemplazione e di predicazione?
 L’anarchico – rappresentato molto più piccolo del santo – guarda la Madonna e non tocca la bomba (non fatevi ingannare dalla foto in pagina). Quella di Gaudí sembra una profezia, o una preghiera: «Neanche io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Le cronache sulla vita di Santiago Salvador raccontano della sua conversione prima dell’esecuzione militare.
Sono anni convulsi e Gaudí, con il padre anziano e la nipote malata, vive nel Park Guell, lontano dalla città rivoltosa. Ma dalle finestre di casa sua si domina tutta Barcellona. Il 25 luglio 1909, la città di Barcellona, chiusa in barricate dai sindacati, bruciò: bruciarono tutti gli edifici religiosi, i conventi, le chiese, le scuole… per una settimana dalla città del grande sviluppo industriale salirono solo colonne di fumo. Quanti degli operai di Gaudí parteciparono a questi moti? Che cosa spinse quei lavoratori a incendiare tutto ciò che aveva in sé qualche legame con la religione? Avrebbero un giorno bruciato anche la Sagrada Familia, opera delle loro mani?
Gaudí non fece grandi dichiarazioni, non esiste una sua parola su queste rivolte, ma con i suoi risparmi costruì all’interno del recinto, dove si sarebbe dovuto erigere un giorno la navata centrale, una scuola per i figli degli operai che lavoravano nella Sagrada. Dove sarebbero state le grandi colonne arboree, si popolò di bambini. Una piccola scuola di mattoni, dal tetto curvilineo, la cui pianta rappresenta tre cuori incrociati: i cuori della Sagrada Familia.
Ma la novità della scuola non risiedeva solo nelle forme, che parlano d’amore, ma sopratutto nell’educazione che lì s’impartiva. Un metodo educativo studiato da Gaudí con il sacerdote custode della cripta, Gil Parés. Le materie erano impartite insieme senza frammentazione: matematica con fisica, geometria con musica… e ogni insegnamento impartito secondo una proficua verifica con l’esperienza. A quei tempi doveva sorprendere molto vedere bambini, figli di operai, seduti intorno a uno stagno che provavano a far navigare delle barchette spostando cumuli di terra per apprendere la teoria della tettonica delle placche crostali.
Un’educazione che assomiglia a una paternità, a un amore per l’essere umano, per ogni piccolo bambino. Tutti i bambini della scuola venivano vaccinati gratuitamente, in un’epoca dove era un privilegio solo per ricchi; le feste erano organizzate con l’Orchestra migliore di Barcellona, l’Orfeo catalano, riproducendo così una Gerusalemme celestiale in costruzione.
 Barcellona continuò a essere oggetto di scontri sociali, ma la Sagrada Familia divenne l’emblema della speranza di un popolo umile, che guardava dai ponteggi i suoi figli felici in quella scuola che sembrava un gioco e che faceva loro desiderare che quel posto non bruciasse mai.
La creatività di Gaudí, con la presenza della scuola, crebbe esponenzialmente.




Non è quindi un’idea quella che muove a Gaudí, ma una vita. San Paolo direbbe: «Nella speranza siamo stati salvati». Oggi persone di tutto il mondo visitano la Sagrada Familia. Dopo gli attentati, l’immagine di Santiago Salvador torna più che mai attuale come la certezza che il perdono e la vita sono la fonte di una creatività nuova capace di grandi imprese.
* Collaboratrice alle opere della Sagrada Familia e docente presso la facoltà di Antoni Gaudì a Barcellona




Fonte: Il terrorista che “protegge” la Sagrada Familia | Tempi.it

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