La testimonianza di Don Mario Cortellezzi: “la Madonna non è sacerdote ma ha il cuore sacerdotale. Questa è l’idea forte che mi tengo dentro”
Riportiamo la bellissima testimonianza su Medjugorje di Don Mario Cortellezzi, Rettore del Santuario del Sacro Monte di Varese, scomparso diversi anni fa.
“Sono andato a Medjugorje perché in realtà Medjugorje è venuta prima da me. Più volte, infatti, i veggenti Marjia, Mirjiana, Jakov erano venuti al Sacro Monte di Varese. Mi sono sentito quindi in qualche modo “invitato” ad andare personalmente in quella “terra benedetta”, o meglio, chiamato, convocato.
Una volta arrivato a Medjugorje ho trovato quello che pensavo di trovare, cioè un clima di preghiera intensa. Una preghiera espressa con il silenzio più che con i canti: un silenzio che parla, un profondo silenzio che vuol dire che la persona è raccolta, addirittura catturata dall’avvenimento che non vede però sente presente.
Motivo di forte richiamo è stata la percezione di una grande naturalezza nel modo di esprimersi dei veggenti, in particolare di Marjia. Discorrendo con lei dopo un’apparizione si aveva la certezza che qualcuno le avesse parlato poco prima: un volto sorridente, un volto parlante che ti diceva che era avvenuto qualcosa, parlava di quello che aveva visto, che aveva esperimentato. La naturalezza nel modo di esprimersi è una garanzia. La mia paura era di trovare persone artificiose, delle persone affette da “misticismo” che si danno degli atteggiamenti da veggente; questo mi avrebbe allontanato.
I frutti che ho trovato a Medjugorje sono moltissimi, ma le piante da frutto hanno bisogno innanzitutto di un clima per crescere, e il clima più straordinario che ho notato è quello delle adorazioni serali. Il silenzio, il canto avvolgente, l’attenzione di ognuno a non creare motivi di disturbo per gli altri: tutto questo significa che la gente è veramente presa, che non vede ma che ha la netta sensazione di essere a contatto con Qualcuno. Fossero così sempre i nostri momenti di preghiera!
Medjugorje, questo è il tempo dei 10 segreti. La fine del mondo? ‘No, ma un nuovo inizio si!’
Un secondo frutto molto prezioso è stata l’esperienza nel confessionale. Lì avviene la verifica di quanto accade, una garanzia di verità perché quando un’esperienza religiosa passa attraverso il confessionale vuol dire che è vera. Tutte le altre esperienze religiose che si auto-confessano e finiscono nell’auto-assoluzione, da voler sentirsi tutti buoni in un colpo, hanno già dentro il segno della falsità.
Anche nella confessione era presente un clima di disponibilità, di disarmo: gente disarmata di fronte alla misericordia del Signore. È bello trovarsi davanti a persone che ammettono i loro sbagli. Questo rende bello anche il ministero di confessore perché si ha proprio la sensazione di essere il padre che gioisce per i figli. Si sperimenta tutta la bontà e la gioia del Signore nel donare il perdono. Questa sensazione non si vive neanche nella Messa.
Ma i frutti non rimangono certo a Medjugorje Al Sacro Monte vengono persone che hanno trovato in quella terra la strada verso Dio. Si riuniscono qui il sabato mattina senza cartelli, senza etichette, e ti accorgi dal modo in cui pregano e da come si confessano che la loro è stata un’autentica esperienza di conversione. Un frutto personale è costituito da una conferma: il rapporto tra il Rosario e l’Eucaristia. La Madonna e l’Eucaristia. Io notavo già da dieci anni un fatto, che le messe migliori in Santuario sono quelle del sabato mattina, e mi chiedevo il perché. Trovai la risposta: perché sono precedute da tre corone del Rosario.
Allora ho capito che dove c’è Maria c’è l’Eucaristia. Non si può celebrare la Messa senza la Madonna. In quella Messa del sabato non c’è niente di speciale, ma è una Messa totale, una partecipazione che non ho mai trovato altrove. Celebrare la Messa con Maria, con il Cuore di Maria. La Madonna non è sacerdote ma ha il cuore sacerdotale. Questa è l’idea forte che mi tengo dentro“. Fonte medjugorje.altervista.org
Fonte: Eco di Maria nr.173