Luca Ward, è tra gli attori e i doppiatori più famosi del mondo dello spettacolo, è anche Direttore del doppiaggio italiano. L’abbiamo visto interpretare vari ruoli in molte fiction e soap opera televisive. Lo ricordiamo a: Cento Vetrine, Elisa di Rivombrosa, Le tre rose di Eva. E’ stato doppiatore dell’attore Rassal Craw nel film “Il Gladiatore”.
Rita: Luca, oltre al talento maturato, alle doti artistiche e al pizzico di fortuna che la vita ti ha offerto, quanto pensi che la mano di Dio ti abbia guidato nella tua carriera lavorativa?
Luca: Io penso subito dopo la morte di mio padre. Quando ho perso mio papà avevo 13 anni, ero in piena adolescenza, e come puoi immaginare, quando un ragazzo perde la figura del padre a quell’età, è un momento abbastanza drammatico e anche di grande smarrimento. Io penso che da lì, da quel momento, ho sentito una grande spinta che mi ha poi portato a compiere delle cose di grande importanza per la mia famiglia di origine e poi per la mia famiglia.
Rita: Luca, tu ti sei ritrovato a fare da padre ai tuoi fratelli?
Luca: Io ero il più grande dei fratelli, ma tutti quanti ci siamo dati da fare: mio fratello Andrea, Monica che era proprio piccolina. Però, abbiamo fatto tutti squadra insieme a mia mamma che all’epoca era giovanissima. Aveva 35 anni.
Ci siamo rimboccati le maniche e siamo andati avanti. Quando ti ritrovi a prendere certe responsabilità presto, non è mai un fatto normale. Io e miei fratelli ci siamo dovuti responsabilizzare molto presto. C’era poco spazio per i giochi, ma molto spazio per cercare di mettere insieme il pranzo con la cena.
Mia mamma aveva smesso di lavorare da parecchi anni per cercare di dedicarsi interamente ai figli. Nessuno poteva immaginare che povero figlio (mio padre) se ne andasse a 57 anni quasi 58. Mia mamma rimase l’unico motore della famiglia.
Rita: Come hai affrontato questo brutto periodo?
Luca: Non sono stato e non sono, né il primo e né l’ultimo. Ne ho conosciuti tanti di ragazzi che hanno perso i genitori, a volte addirittura entrambi in un colpo solo, quindi ancora peggio. Si va avanti con la forza di volontà e naturalmente con la voglia di cercare di fare qualcosa, in modo tale che tuo padre non si senta poi disperato all’idea di averci abbandonato.
Mia madre è dovuta tornare a lavorare e spesso eravamo noi figli a sistemare la casa e a cucinare. Lei rientrava anche tardi spesso per lavoro, ma siamo riusciti in poco tempo a recuperare la possibilità di fare una vita serena e questo credo proprio sia stato un dono divino perché non è così semplice. Noi venivamo additati anche a scuola. Mia madre aveva dei grossi problemi, veniva chiamata dai presidi, perché loro avevano scoperto che noi lavoravamo.
Rita: Luca, ti capita ogni tanto, di parlare di Dio ai tuoi figli?
Luca: Guarda, è un percorso che facciamo tutti quanti insieme. Ne parliamo spesso. Io poi ho fatto dei film, ne ho fatto uno in particolare che s’intitola “7 Km da Gerusalemme” . Ne parliamo spesso, soprattutto quando la sera d’estate, ci troviamo in giardino davanti ad un cielo stellato. Allora, cerchiamo d’immaginare il nostro Dio, i nonni che non ci sono più che sono volati in cielo e cerchi di spiegare a questi esserini piccini quello che è la spiritualità.
Certo non è semplice, ma vedo che ogni volta che ne parliamo, sono vispi e molto attenti.
Rita: Cosa ha significato per te, girare un film come “7 Km da Gerusalemme”, in cui avviene un rapporto stretto con la fede e la figura di Gesù Cristo?
Luca: E’ stata una serie di coincidenze incredibili questo film, perché in quel periodo mi stavo separando dalla mia prima moglie e quindi vivevo un po’ la storia di quel personaggio che interpretavo nel film. Quando il regista mi contattò, io ero a Milano a fare un musical e abitavo in Via Gesù n° 7. Questi per me sono segni che arrivano in momenti molto precisi e vanno colti come tali.
Io non ho avuto nessun dubbio a fare questo film anzi, mi sono liberato da tutti gli impegni che avevo. Dovevo fare quel film. Oltretutto era un film che il Papa, Giovanni Paolo II, aveva sponsorizzato tanto nella preparazione della sceneggiatura.
Il nostro Karol, ha creduto sin dall’inizio in questo film, perché è un film che metteva in discussione tutto. Questa era per Lui una cosa molto importante, oltretutto all’epoca, e lo è tuttora è stato un grande punto di riferimento per i giovani. Il fatto stesso che lo sponsorizzasse questo film Papa WoJtyla, per noi è stato un motivo di orgoglio e anche di amore nell’approccio e nella lavorazione del film. Pensate che, questo film è stato realizzato in terra di Siria, che oggi purtroppo è una terra martoriata.
Noi siamo andati a girare in terra di Siria con una troupe italiana e una troupe musulmana, un film sulla cristianità e siamo stati accolti da questo popolo con un’ospitalità grandiosa e meravigliosa, pur essendo di un’altra religione. Quando noi passavamo nelle strade di Damasco con i tir sponsorizzati con il titolo del film, c’era la gente del luogo, agli angoli delle strade che ci applaudiva le mani e non erano di certo cristiani ma bensì musulmani.
Ed è stato un momento bellissimo addirittura, quando abbiamo finito le riprese, il Presidente siriano con la moglie, organizzò una serata bellissima e aperta a tutte le persone che volevano venire, perché noi stavamo lasciando quella terra che ci aveva ospitato per tre mesi. E’ stato un incontro tra cristiani e musulmani bellissimo che io non dimenticherò mai.
Addirittura durante le riprese del film, c’erano dei momenti di preghiera. Qualcuno di noi pregava insieme al musulmano, rivolgendosi naturalmente al nostro Dio.
Rita: Alessandro Forte (il personaggio del film) era in dubbio con la sua fede. Quanto ti somiglia nella tua realtà?
Luca: Mi somiglia abbastanza, perché il dubbio c’è l’abbiamo avuto in tanti. Comunque, il dubbio ci attanaglia e a volte ci fa fare delle domande. Domande che poi dare delle risposte è un po’ difficile. Io ho avuto dei segnali ben precisi, sia durante la preparazione di questo film che dopo.
Quindi se avevo dei dubbi, oggi non dico che si sono totalmente dissipati ma ne ho di meno, forse anche perché cresco, divento più grande ed ho più esperienza, ho più bagaglio, ho più conoscenza.
Rita: Quanto è importante la fede in Dio nella tua quotidianità e soprattutto che spazio occupa la preghiera nella tua vita?
Luca: La fede in Dio, soprattutto quando hai dei figli, la famiglia, soprattutto dei bimbi innocenti, dei quali hai la responsabilità della loro vita, è chiaro che se non c’è un attaccamento alla fede, penso che sia veramente difficile mettere al mondo dei bambini.
Rita: Cosa pensi delle apparizioni a Medjugorje?
Luca: Guarda non lo so, a me è capitato tanti anni fa, ero ragazzo avevo 17 anni, una cosa che non racconto mai molto, perché c’è troppo scetticismo e la gente magari dice “Questo è matto”.
Però mi è capitato di intravedere qualcosa di divino, ma è stato un incontro molto rapido, molto veloce in un momento in cui era giusto che arrivasse. E’ stato un segnale molto bello. Era una sera d’estate, è stata un’immagine che è passata e sorridendomi andò via. La prima cosa che ho pensato è stata: la Madonna.
Io da piccolo ho fatto il chierichetto, mia zia è stata una delle più grandi suore maresciallo del mondo. Lei era l’istruttore capo del mondo delle suore missionarie. Una donna straordinaria dalle mille capacità. Parlava 15 lingue. Fu proprio lei che quando morì mio padre mi stette molto vicino e mi diceva “Se te la vuoi prendere con Dio, fallo non ti preoccupare, poi vedrai che un giorno ci farai pace”.
A casa mia c’è sempre stata questa vicinanza con Dio. Mia zia era una donna di grande fede.
Intervista realizzata da Rita Sberna
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Sul blog “Come Gesù” dell'amico sacerdote Mauro Leonardi, chiedevo se può essere credibile la Madonna “postino” di Medjugorje, come l’ha definita papa Francesco, la quale rilascia centinaia di messaggi e mai uno che avverta di un’ imminente catastrofe (ad esempio la tragedia nelle Filippine) alfine di salvare, se non altro, qualche bambino da morte e sofferenza. Il sacerdote mi ha risposto: “Mi sembra giusto che ogni tanto Dio possa aiutarci, come io posso ogni tanto aiutare un compagno di classe che non studia, ma non sarebbe giusto lo facessi sempre”. Ed ecco la mia replica: “Caro Mauro, non è questione di sempre o di ogni tanto. Il problema è ben diverso. Riceveresti molte critiche se tu aiutassi un compagno a fare il compito in classe, e non lo aiutassi qualora stesse per precipitare dalle scale. Riceveresti molte critiche se tu aiutassi un compagno bisognoso d’aiuto e non aiutassi altri compagni ugualmente bisognosi d’aiuto o maggiormente bisognosi d’aiuto. In quest'ultimo caso il tuo comportamento sarebbe ancor più criticabile. Anzi, visto che non si tratta della Madonna, direi che saresti un bel mascalzone.
Renato Pierri