Categorie: Testimonium

Testimonianze di fede – Rita Sberna intervista Antonello De Giorgio

Eccoci con una delle bellissime testimonianze di fede che ci racconta la giovane autrice e conduttrice radiofonica Rita Sberna. Le varie testimonianze sono anche riproposte da alcune radio in tutta Italia, tra cui Radio ‘Fra le note’ curata da Don Roberto Fiscer (ex dj).

VARESEAntonello De Giorgio, è padre di due figlie, è sposato da tanti anni e lavora in veste di Direttore presso un istituto di Credito della sua città.  E’ allenatore di basket. Fino a qualche tempo fa, era gravemente malato di cancro, aveva un “linfoma di Hodgking, tumore maligno”. Antonello è ancora in vita! Ha una luce speciale negli occhi, ed una serenità che riesce a trasmettere a chi gli sta accanto. La Madonna e Gesù, lo hanno aiutato a vincere questa battaglia.

Antonello, hai scritto un libro sulla tua storia “Non sono ancora una foto sopra una lapide”. Perché questo titolo insolito?

Quando ti diagnosticano il cancro le voci corrono veloci. Se posso usare un esempio: è come gettare un sasso in uno stagno;  l’impatto con l’acqua  genera immediatamente dei cerchi concentrici. Ecco! Le voci si diffondono così, velocemente. Tutti sapevano che ero ammalato e lo facevano capire con lo sguardo.

Gli occhi degli altri! Con troppa facilità, la parola cancro viene assimilato alla parola morte. Il problema sta nel fatto che “gli altri” lo fanno capire nel modo che ti guardano. Un giorno attraversavo la navata della chiesa dopo la Santa Messa. Probabilmente quel giorno ero  mal disposto eppure, incrociando gli occhi degli altri, mi accorsi, che quella mattina, i conoscenti, mi fissavano in  altro modo.  Uscendo di chiesa esclamai a mia moglie: Non sono ancora una foto sopra una lapide perché dovevo ancora incominciare a lottare e, l’avrei fatto, entrando in un reparto di oncologia.

Quando hai scoperto di essere malato e come hai reagito?

Mi avvisarono in modo insolito; con una telefonata in ufficio mentre svolgevo l’attività lavorativa. Quel medico, con tono professionale mi disse semplicemente: sig. De Giorgio, volevo comunicarle, che le abbiamo diagnosticato un tumore maligno.

La reazione fu una sonora risata. Avevano sicuramente sbagliato! In quel periodo mi sentivo bene, ero il più bello, il più sano,il più…..tutto. In ogni caso mi affrettai  al computer per verificare, attraverso internet, cosa fosse un linfoma di Hodgking.  La risposta appariva sullo schermo, ad intermittenza, come una pubblicità: tumore maligno!

Quello che mi colpì non fu la notizia nefasta di per sé, ma la mia assoluta calma, la mancanza di paura, la serenità.  In quell’istante, il più difficile della mia esistenza,  il Signore si era fatto sentire!

Come si fa a sentire il Signore? Attraverso la fede.

Cos’è la fede? La fede è un dono! Quando ero piccolo, quando non capivo ancora nulla, i miei genitori  scelsero per me il regalo migliore: il battesimo. Ed attraverso di esso il grande dono della fede. E’ chiaro: da quel momento ho iniziato un cammino che continua ancora oggi e che è ancora all’inizio. La fede è paragonabile ad una scatola decorata avvolta in una carta colorata. Sopra vi è un bellissimo fiocco. E’ un regalo stupendo che, una volta aperto, continua a presentare sorprese.

In che modo la tua famiglia ti è stata accanto?

Quando quella sera comunicai ai miei cari la brutta notizia scrutai, attraverso quell’osservatorio privilegiato che sono i miei occhi, le loro reazioni che successivamente,  trascrissi sul libro con dovizia.

Ogni componente della famiglia ebbe una reazione diversa! Le mie figlie Irene e Chiara mi spronarono, attraverso la loro vitalità, a lottare contro la malattia. Mia moglie Paola, invece, fece la cosa più semplice: si mise a pregare.

Pregò con la forza dell’amore. Creò  gruppi di preghiera con gli amici, contattò anche quelli che non ricordavo di avere. Tutti pregavano  per me. La mia famiglia, posso dire con orgoglio, mi ha aiutato a portare la croce per un pezzo di strada.

Come hai conosciuto il fenomeno delle apparizioni a Medjugorje?

Frequento  Medjugorje dal lontano 1987. In diverse occasioni ho provato a riordinare le idee cercando di capire perché erano successe determinate cose. Perché tante coincidenze? Non capivo che quello che stava succedendo in me era semplicemente “la chiamata”. Morale: mi ritrovai su un pullman, destinazione Medjugorje! Il mio atteggiamento, nei confronti di quella realtà era: scettico,  di sfida,  strafottente.

Ricordo che allora un amico chiese se avessi qualcosa da far benedire e se volessi portarlo ai piedi della statua della Vergine nella stanza di Vicka durante l’apparizione. Ero talmente stupido che proposi di inserire in una busta, la schedina del totocalcio.  Esclamai: non si sa mai! Le cose dovevano andare così! Dovevo prendermi, da Maria, uno schiaffone sonoro. Dovevo vedere, nel mio intimo,  le cinque dita di Maria stampate sul volto.

Durante le mie testimonianze, in giro per l’Italia, raccomando sempre di andare a Medjugorje scettici! Vi garantisco: non c’è nulla di più bello che tornare da quel posto, benedetto da Dio, con le cinque dita di Maria stampate sul volto.

A Medjugorje si va per chiamata seppur dico sempre che il Signore non fa distinzione di persone perché Lui chiama tutti. E’ il rumore del mondo che non permette di ascoltare il Signore che “urla” il nostro nome. In contrapposizione riusciamo ad ascoltare il demonio che sibila al nostro orecchio.

La tua vita, adesso si è arricchita con la tua testimonianza.  Stai girando tutta l’Italia, presentando agli altri la tua storia, come esempio  dell’amore di Dio. Come reagisce la gente e cosa significa per te tutto questo?

Oggi sono un cristiano più esigente; esigente con me stesso. Sono più addentro nella fede che vivo in totale affidamento a Dio. Ho vissuto la croce! L’ho guardata negli occhi e l’ho portata con dignità. San Paolo diceva: ho combattuto la dura battaglia ed ho conservato la fede.

Ho scritto un libro, la mia storia, quando mi sottoponevo alla chemioterapia.

Allora mi chiudevo nella mia camera per non dar fastidio, per soffrire in silenzio ma avevo aumentato il dialogo con Dio. Il dialogo con Dio più comune è la preghiera!

So  cosa significa pregare nella sofferenza. Cosa significa ricevere quel dono che è il partecipare, seppur  in modo “infinitesimale”, alle sofferenze di Cristo. La mia storia è stata riportata, su carta  durante questi momenti, perché la malattia ha un grande pregio: ti ferma e ti fa riflettere.

A  Medjugorje ho trovato la mia vocazione. Non una vocazione sacerdotale ma laica. Ho  trasformato una parola che fa paura:  cancro, in un’altra che bisogna avere il coraggio di pronunciare,  testimonianza. Quando si incontrano gli occhi di un ammalato dobbiamo ricambiare il suo sguardo con occhi d’amore e non di tristezza o di compassione. A lui possiamo regalare un sorriso. Ho iniziato a testimoniare per dare un messaggio positivo e di speranza a chi la speranza, forse, la sta perdendo: l’ammalato oncologico.

I proventi della vendita del libro sono destinati ai Missionari Cappuccini di Milano ed oggi servono per ristrutturare una casa di accoglienza per anziani in Brasile. Incontro il pubblico durante i grandi incontri di Preghiera, nelle Parrocchie, nei Centri Culturali, nelle Pro Loco, nei Centri Anziani  e comunque dove mi invitano per ascoltare la mia storia.

Chi ha sperimentato l’amore di Dio deve testimoniare! Come dice il Santo Padre: la Chiesa cresce con la testimonianza. Per contattarmi: degiorgio.antonello@gmail.com

Intervista di Rita Sberna

 

 

L’INTERVISTA DI RITA SBERNA AD ANTONELLO DE GIORGIO

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