La situazione è incandescente: oggi a Tor Sapienza è arrivato anche l’europarlamentare della Lega Mario Borghezio, anche se ha deciso, per evitare ulteriori problemi, di non andare in via Morandi, dove sorge il Centro di accoglienza. “Sono venuto per parlare con i cittadini” non per fare confusione, ha detto Borghezio. Lamentandosi poi del silenzio di Marino. Il sindaco ha spiegato in un primo momento che si sarebbe recato al centro, ma a telecamere spente e senza preannunciare la sua visita. “Ho espresso il mio desiderio di andare subito lì, a Tor Sapienza, ma ho incontrato i comitati che hanno preferito che io andassi nei giorni successivi”. Marino ha poi deciso di recarsi nel quartiere nel pomeriggio.
Per domani un gurppo di associazioni ha organizzato un corteo definito “spontaneo, apartico e con in testa il Tricolore” per chiedere al sindaco Marino di dimettersi. “La giunta sta facendo di tutto per trasformare la nostra città in una grande Banlieue senza regole dove rischia di esplodere la guerra fra poveri”. È il messaggio che il Coordinamento associazioni civiche e il Coordinamento periferie intendono lanciare con un corteo che partirà alle 10.30 da piazza Esquilino, vicino alla stazione Termini, per arrivare a piazza Venezia. Alla mobilitazione aderisce anche il Caop (Coordinamento Ponte di Nona) e per l’occasione l’organizzazione ha lanciato l’hashtag #orabasta. “Gli ultimi episodi di Tor Sapienza sono la dimostrazione che la misura è colma: in città dilagano degrado e criminalità, campi rom fuori controllo, immigrazione senza regole, roghi tossici nelle periferie e trasporti pubblici inefficienti”.
Ieri la metà degli stranieri (36 minori) era stata trasferita, dopo che in mattinata erano volate bottiglie e pietre contro il Centro di via Morandi e – in risposta – altri oggetti dalle finestre del Centro stesso. Ma non è stato sufficiente: «A questo punto vogliamo vincere davvero: devono andarsene tutti», hanno avvisato alcuni residenti: Roberto Torre, vicepresidente del “Comitato di quartiere Tor Sapienza”: «Non siamo soddisfatti. Il trasferimento degli immigrati non risolve il problema di un “quartiere pattumiera” come il nostro. Anzi ora il rischio è di un preoccupante effetto domino, che la protesta si allarghi alle altre periferie». E ancora: «Non siamo razzisti, come scrivono in molti, e ci dissociamo dai violenti che hanno assaltato il Centro».
Il vicesindaco capitolino, Luigi Nieri, ha assicurato che «il Centro di prima accoglienza continuerà a funzionare. Roma rifiuta violenza e razzismo». E prima dal Campidoglio, con un comunicato, si era cercato di salvare capra e cavoli: «Il Centro è stato gravemente danneggiato e in molti suoi spazi è inagibile», quindi «è stato predisposto il trasferimento» dei minori.
Il ministro Angelino Alfano ha convocato giovedì sera al ministero Prefetto e Questore di Roma «per le vicende in corso a Tor Sapienza», recitava una nota. E una volta finita veniva confermata la versione del Campidoglio: «La decisione di trasferire i minori è stata presa dal Comune d’intesa col Prefetto», perché gli stranieri più giovani erano nella parte «più danneggiata».
«Ciò che mi rattrista, non solo come cristiano, ma come uomo, è sapere che i bambini e i ragazzi del quartiere in questi giorni stiano vedendo solo violenza – spiegava don Marco Ridolfo, parroco di “San Cirillo Alessandrino” (che dista una cinquantina di metri dal Centro) –. Questa è la cosa che non mi piace, questa è esattamente la cosa con la quale dovremo fare i conti». Perché «quando diciamo che non c’è bisogno della violenza, non vuol dire che vadano chiusi gli occhi davanti ai problemi».
Don Marco in serata ha pregato insieme ai suoi ragazzi in chiesa per questa situazione «e per chiunque vi è coinvolto». In mattinata era andato di fronte al Centro, aveva parlato con la gente, che «è scossa», provato a raffreddare gli animi: «La violenza non è la strada per risolvere i problemi e neanche quella per attirare l’attenzione. La violenza è sconfitta». Droga a fiumi, prostituzione all’aria aperta, criminalità diffusa, feroce degrado… Proprio i problemi qui «sono all’ordine del giorno e sono tanti», però «non riguardano solo la presenza degli immigrati, la gente lo sa e lo dice. E questa gente non è razzista. La “guerra” qui è fra poveri».
Acli, Unitalsi e Centro don Picchi annunciavano di «sostenere» l’appello rivolto dall’Istituto di Medicina Solidale affinché Papa Francesco «vada nelle periferie a difendere gli immigrati». Monsignor Giancarlo Perego, direttore di Migrantes, annotava che le tensioni nel quartiere della periferia romana e l’esasperazione alle stelle «sono legate a responsabilità della politica, dell’urbanistica e di come si è abbandonata la città ai palazzinari, dimenticando la vita sociale». Concludeva, monsignor Perego, ricordando che «l’arrivo in un Paese di un immigrato è sempre segnato da disagio, abbandono».
A cura di Redazione Papaboys fonte: Avvenire
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