Le diocesi piemontesi hanno deciso di manifestare, in particolare attraverso le Caritas, per accendere un cono di luce sulle situazioni di più forte disagio. Monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino: «Dobbiamo aprire gli occhi sulle situazioni di indigenza assoluta». In Piemonte si stima che il 17% della popolazione viva situazioni di fragilità economica. Più di duemila sono i senza fissa dimora.
Sono tanti, ma sono invisibili. Attualmente nel nostro Paese più di quattro milioni di persone vivono in condizioni di povertà estrema, cioè non possono accedere a beni essenziali come cibo, abbigliamento, casa e istruzione. Dal 2007 a oggi il loro numero è raddoppiato per effetto della crisi. E’ una situazione di grave emergenza quella che la Chiesa italiana è chiamata a fronteggiare. Le comunità cristiane mettono in campo risorse straordinarie, che però non sono sufficienti se mancano interventi strutturali. Ecco perché le diocesi piemontesi hanno deciso di scendere in piazza, in particolare attraverso le Caritas, per accendere un cono di luce sulle situazioni di grave povertà.
Siamo a Torino, nella centralissima via Garibaldi, costellata di vetrine, tavolini da bar e déhors. E’ un sabato mattina di sole, tanta gente in giro, un po’ ovunque la frenesia dei piccoli acquisti. Ma da un banchetto, al lato della strada, arrivano anche messaggi diversi. Difficile resistere alla tentazione di guardare altrove e magari accelerare il passo per non sentire. «Dobbiamo aprire gli occhi sulle situazioni di povertà assoluta» dice monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, richiamandosi alle parole di papa Francesco. «Nella nostra città ci sono storie di uomini e donne cui non sappiamo dare un nome. Sono loro le vittime della cultura dello scarto. A queste persone non si può dare come carità ciò che sarebbe dovuto per giustizia. Il volontariato ha un valore fondamentale, però non può sostituire una riflessione seria sul tema dei diritti». Contemporaneamente, in altre 14 città della Regione, da Asti a Biella, da Cuneo a Vercelli, i Vescovi si sono impegnati in iniziative analoghe.
In Piemonte si stima che il 17% della popolazione viva situazioni di fragilità economica. Più di 2.000 sono i senza fissa dimora, gli invisibili per antonomasia. Solo nell’area metropolitana di Torino, su un totale di un milione e mezzo di abitanti, 200.000 persone vivono sulla propria pelle la povertà. La metà di loro si trova in condizioni gravi. Di fronte a una situazione tanto drammatica notevole è l’impegno delle Diocesi. «Da inizio anno ad oggi, solo nel centro d’ascolto del capoluogo piemontese sono state sostenute 2.500 persone» ricorda Pierluigi Dovis, delegato regionale Caritas e direttore Caritas Torino. Tra le realtà più difficili, accanto ai senza fissa dimora, ci sono le famiglie colpite da sfratto incolpevole, i padri separati, le donne sole con bambini.
Nuovi bisogni, nuove idee. Dal punto di vista dell’accoglienza Torino è un laboratorio. Negli ultimi anni, ad esempio, è fiorita una rete di residenze temporanee, che offre una pronta risposta a chi si è trovato improvvisamente senza casa. Anche alla luce di queste esperienze, conclude Dovis, «le Caritas di Piemonte e Valle d’Aosta, insieme a tutta la Caritas italiana, sostengono la proposta di un Reddito di Inclusione Sociale, destinato alle famiglie che si trovano in povertà estrema». In sostanza – se questa misura andasse a regime a livello nazionale – ogni famiglia riceverebbe un importo pari alla differenza tra la soglia di povertà assoluta (che l’Istat calcola ogni anno) e il proprio reale reddito disponibile.
Redazione Papaboys (Fonte www.famigliacristiana.it/Lorenzo Montanaro)
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