E’ successo in Francia: da alcune settimane i bambini sono stati separati dalla madre su segnalazione dei servizi sociali. Per gli operatori, la donna è affetta da sindrome di Münchhausen per procura: avrebbe cercato la diagnosi di autismo per ricevere attenzione e indennità. Hanau: “Diversi casi anche in Italia”
Le portano via i figli perché “colpevole” del loro autismo: a Saint-Marcelline come a Trieste, in Francia come in Italia. Ma in Francia, a quanto pare, la tendenza è ormai diffusa, tanto da allarmare le associazioni e indurle a denunciare la situazione. E’ accaduto dopo che una mamma si è vista portare via i tre figli di 4, 6 e 9 anni, due settimane fa, perché il giudice, su indicazione dei servizi sociali, l’ha ritenuta affetta da “Sindrome di Münchhausen per procura”: in altre parole, quella diagnosi di autismo, regolarmente certificata da un medico specialista ai tre bambini, non sarebbe valida, ma la donna se la sarebbe procurata per mettere le mani sulle indennità previste, o semplicemente per attirare su di sé l’attenzione. In questo infatti consisterebbe la sindrome, peraltro inesistente nelle classificazioni internazionali: far credere malato un figlio o un parente, per godere della stima e dell’affetto delle altre persone. E a questo avrebbe mirato, quindi, la tenace ricerca di una diagnosi da parte della donna: di qui, la severa decisione del giudice e la separazione forzata dei figli dalla famiglia, nonni inclusi.
Decisione duramente contestata da un gruppo di centoventi associazioni francesi di genitori di bambini autistici: “Questa donna – denunciano – era in cerca di una diagnosi per i suoi bambini, ma è finita in un terribile ingranaggio. Da 15 anni – continuano – chiediamo che la protezione sociale per l’infanzia sia controllata meglio.Attualmente in Francia decine di famiglie con uno o più figli autistici in cerca di diagnosi subiscono la minaccia della separazione, che in molti casi viene attuata. Il motivo: i servizi sociali per l’infanzia ritengono i genitori responsabili dei problemi dei figli. In tutto ciò, rifiutano le diagnosi fatte da medici specialisti e accusano spesso le madri di patologie surreali non riconosciute nelle classificazioni internazionali”. Ed è quanto sta accadendo a questa mamma di Saint-Marceline e ai suoi tre figli, cui il giudice ha negato anche la possibilità di essere affidati ai nonni: sono stati invece separati non solo dalla famiglia ma anche tra di loro. Una misura che le associazioni definiscono “distruttiva” e “scandalosa”. Per le associazioni, si tratta di “una storia troppo comune perché si tratti di un semplice errore”: all’origine della decisione ci sarebbe quindi la scarsa conoscenza dell’autismo e dei suoi bisogni, soprattutto da parte degli operatori dei servizi sociali, autori di relazioni così “pericolosi”, su cui poi si basano le decisioni dei giudici: “non esiste una vera esperienza nel campo – spiega Ghislaine Lubart, presidente dell’associazione “Envole Isère Autisme” – I professionisti, sia nel settore dei servizi per l’infanzia sia della giustizia, non sono formati per capire e riconoscere i disturbi dello spettro autistico”.
“La Francia, come l’Italia, è rimasta il Paese dove molti psicologi e molti psicanalisti (psicodinamici e lacaniani) vogliono continuare a credere nella tesi ‘la malattia mentale non esiste e il disturbo mentale è provocato dalle relazione sociali’ – commenta Carlo Hanau, docente di Statistica medica e Programmazione e organizzazione dei servizi sociali e sanitari presso l’Università di Modena e Reggio Emilia – Quando si tratta di bambini non si può chiamare in causa la società e le sue storture ed allora ‘inevitabilmente’ si deve cercare l’origine del male nella persona più prossima al bambino, la madre. Su queste basi si è fondata per decenni la formazione di psicologi e psicoterapeuti italiani e francesi. Il magistrato togato – spiega ancora Hanau – solitamente non ha competenze di tipo psicopedagogico ed appone la sua firma su ordinanze e decreti suggeritigli da questi esperti di psicologia e dagli assistenti sociali”. Di qui le decisioni, spesso drammatiche, come quella presa dal giudice francese. “Ma anche in Italia i casi non mancano – precisa Hanau – Come quello del bambino di Trieste, che a 9 anni è stato tolto alla madre con motivazioni di inadempienze educative e curative che non avevano alcuna corrispondenza con la verità dei fatti documentati e che tuttora resta in una casa famiglia, dove la madre può visitarlo soltanto un’ora ogni due giorni e soltanto in presenza di un educatore”. Decisioni che, oltre a sconvolgere le vite di questi ragazzi e delle loro famiglie, sono il segno di quanto ci sia ancora da fare, in Italia come in Francia, in materia di “cultura” dell’autismo.
Redazione Papaboys (Fonte www.redattoresociale.it/cl)
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