Fin dall’inizio mons. Luis Armando Bambarén Gastelumendi, vescovo emerito di Chimbote ed ex presidente della Conferenza episcopale peruviana, si era attivato perché si aprisse una causa di beatificazione per le vittime e chiese se fosse possibile includere anche il prete italiano. Padre Angelo Paleri il postulatore dell’Ordine dei Frati Minori (Ofm), ammette che l’approccio alla questione fu molto tiepido. Aleggiava il sospetto, come in molti casi simili, che potesse esserci stata una precedente connivenza dei sacerdoti assassinati con la guerriglia di Sendero Luminoso. Risultava a prima vista un’impresa troppo ardua provare con argomenti solidi che i due frati fossero davvero morti martiri, laddove era facile pensare a semplici vittime della guerriglia divenute inutili ai loro interessi. Padre Paleri spiega che «in tutte quelle zone Sendero Luminoso aveva creato una sorta di paragoverno: la diffusione capillare sul territorio era possibile grazie all’integrazione delle autorità preesistenti nella loro rete. Operavano sempre in questa direzione, giacché consideravano vitale mantenere l’ordine senza scardinare i poteri precostituiti». Ed è pur vero che, se fallivano questi “tentativi di negoziato”, passavano ultima ratio
all’eliminazione fisica degli avversari.Padre Angelo ricorda come «precedentemente squadre della morte “di destra” avevano ucciso sacerdoti o semplici agenti pastorali, catechisti, suore perché li ritenevano comunisti e indottrinavano senza alcun diritto i fedeli».
Una settimana prima dell’assassinio dei due frati i senderisti avevano colpito anche padre Miguel Company, un sacerdote spagnolo che lavorava nella diocesi di Chimbote, sopravvissuto per miracolo alla furia senderista. Il 14 agosto era in programma l’ordinazione di un sacerdote domenicano e i guerriglieri avevano intimato di non celebrare la cerimonia perché avrebbero ucciso un missionario ogni settimana.
L’inchiesta diocesana dei tre martiri assassinati in odium fidei si era già chiusa nel 2003. Tuttavia, i consultori teologi chiedevano che fossero chiariti molti aspetti della vicenda. E decisero di acquisire ed esaminare il materiale prodotto dalla Commissione per la Verità e per la Riconciliazione sulle vittime (70.000 quelle stimate in Perù), ma anche sui “movimenti antagonisti” che avevano combattuto il potere ufficiale. L’Informe Final
della Commissione, pubblicato definitivamente il 23 agosto 2003 e integrato alla documentazione del processo, ricostruisce gli avvenimenti di quel periodo: nel terzo capitolo emerge la rete dei rapporti tra Sendero Luminoso, la Chiesa cattolica e le altre Chiese evangeliche, che presero abbondantemente piede anche in Perù. «Un discreto numero di pagine» confessa sorridendo padre Angelo: «In un primo momento Sendero Luminoso non si era preoccupato molto della Chiesa. In certe aree alcuni relatori della Commissione notarono che i guerriglieri ordinarono degli attacchi, ma risparmiarono i missionari». Nell’orizzonte dei senderisti la Chiesa è sempre stata considerata “oppio dei popoli”. Nondimeno, accettarono di buon grado le innocue forme della religiosità popolare, giacché la gente continuava a osservare le proprie tradizioni e a svolgere le proprie processioni senza accorgersi dei mutamenti politici in atto. Quando la Chiesa cominciò a parlare di giustizia, di verità e di perdono l’organizzazione guerrigliera accusò i missionari di essere servi dell’imperialismo perché distribuivano gli aiuti che la Caritas inviava loro. E mentre la Chiesa rafforzava i suoi legami con i poveri nell’esercizio della carità, la guerriglia vedeva frenarsi l’impatto sul popolo nel suo tentativo di scatenare una sollevazione violenta.Alla fine degli anni Novanta quasi tutti i leader di Sendero Luminoso sono stati assicurati alla giustizia e il movimento si è trasformato in uno dei tanti gruppi che gestiscono il controllo del traffico della coca. I capi storici sono tuttora in prigione, alcuni ex militanti hanno tentato di fondare un partito politico, ma lo Stato oggi non permette a persone che sono state legate con la guerriglia senderista di partecipare alla vita pubblica.
Padre Angelo Paleri tiene a rimarcare quanto mons. Bambarén abbia insistito sul fatto che questi tre uomini saranno i primi martiri della storia del Perù. Una nazione di per sé ricca di esempi di santità: basti pensare che tra Cinque e Seicento vissero cinque santi che operavano a Lima – Santa Rosa da Lima e San Martino de Porres, peruviani d’origine; l’arcivescovo Turibio de Mongrovejo, John Macias e Francisco Solano, spagnoli – e che furono canonizzati per l’eroicità delle loro virtù. Poter annoverare tre martiri fra i propri santi è un vero primato; la storia cristiana moderna non cessa di confermare il giudizio di Tertulliano: «sanguis martyrum, semen christianorum».
Servizio di Daniele Metelli per Terre d’America
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