Trieste. Ecco come sono stati uccisi Pierluigi e Matteo – La ricostruzione
Emergono dettagli più precisi su quanto accaduto in quei minuti drammatici in cui hanno perso la vita due giovani poliziotti.
L’agente Pierluigi Rotta è stato raggiunto da due colpi di pistola al lato sinistro del petto e all’addome, mentre il collega Matteo Demenego, agnte scelto, è stato colpito 3 volte: alla clavicola sinistra, al fianco sinistro e alla schiena.
Alejandro Augusto Stephan Meran, che si trovava all’interno dell’edificio per un’indagine per furto, è riuscito a sottrarre la pistola in dotazione a Rotta e a fare fuoco. Uditi gli spari Demenego è uscito venendo a sua volta colpito.
Due uomini vengono portati negli uffici di polizia per un controllo di routine e non sono ammanettati, perché ancora il reato non è stato formalmente contestato, ma soprattutto si tratta di un reato lieve. Si sospetta che possano essere gli autori della rapina di uno scooter. Uno di loro è psicolabile.
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Quando uno dei due chiede all’agente di poter andare in bagno, lui lo accompagna non sospettando che possa trattarsi di una persona pronta a uccidere per non finire in carcere qualche mese. «Del resto – è la testimonianza di una poliziotta presente al fatto – i due fermati senza manette, parlavano di basket prima di sparare. Ridevano e il clima era disteso». Ci vuole un attimo perché l’attenzione cali. Giusto il tempo per permettere al dominicano di avventarsi sul poliziotto, strappargli la pistola da una fondina che cede in un secondo, e cominciare a sparare.
L’uomo armato fa fuoco anche su un altro poliziotto e si impossessa di una seconda pistola. Poi comincia a sparare all’impazzata riuscendo a tenere in scacco tutto l’ufficio. «Vagava in tutta la Questura, non potevamo muoverci», ha raccontato ancora la poliziotta. La guerriglia si sposta fuori e lì diventa ancora più difficile intervenire perché ci sono i passanti, c’è la città che si muove, e il rischio è grosso.
Davanti alla morte di due giovanissimi, è difficile ragionare su cosa non abbia funzionato. Le fondine delle pistole erano vecchie e senza cinghia di sicurezza. Forse sarebbe stato utile se gli agenti avessero avuto i taser, che sono in dotazione ma ne circolano decisamente pochi, o anche i dispositivi di prevenzione individuali come i giubbotti leggeri che i poliziotti italiani invidiano molto a quelli americani, soprattutto quando devono indossare quelle armature pesanti che rendono difficile anche muoversi.
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Non si può certo dire che le scuole di polizia italiane non siano ad alto livello, ma – secondo i sindacati – investire sulla formazione resta una priorità, perché la recrudescenza criminale si fa ogni giorno più pericolosa. Inoltre, in assenza di turn over, tanti poliziotti sono ormai oltre i cinquant’anni, e quindi meno operativi: questo vuol dire non poter mettere a disposizione la propria esperienza, visto che circolano poco tra i giovani e sulle volanti. «Si può essere super preparati dalle scuole, ma l’esperienza è quella che ti salva la vita», è ancora il lamento della categoria. Resta un grosso problema l’adeguamento degli organici. Una nota dolente, più volte denunciata anche dal capo del polizia Franco Gabrielli. Fonte ilmessaggero.it – leggo.it
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