Accanto alle sofferenze bancarie, sulle quali negli ultimi mesi si è concentrata l’attenzione generale per i 201 miliardi di euro di crediti lordi (le sofferenze “nette” non coperte da accantonamenti, scendono però a 89 miliardi), ci sono i piccoli debitori (famiglie e società di persone): stiamo parlando di un totale di 58,9 miliardi di euro, dei quali 46,9 miliardi verso banche, finanziarie e società di leasing; 7,9 miliardi crediti vantati dal settore utility, energia e telecomunicazioni; 4 miliardi crediti della pubblica amministrazione, commerciali e delle assicurazioni. Dati forniti da Unirec (Unione nazionale imprese a tutela del credito).
In Italia il 40,2% delle famiglie delle fasce di reddito medio-basso si troverebbero in difficoltà se dovessero affrontare una spesa imprevista di 800 euro. Il 14% dei nuclei familiari titolari di un mutuo negli ultimi hanno avuto problemi a rimborsare le rate. Ben il 18% delle famiglie al di sotto della soglia di reddito di 24.310 euro lordi nei mesi invernali possono andare incontro a problemi per pagare le rate del riscaldamento. Questi dati sono stati riferiti al convegno nazionale delle società di recupero crediti Unirec (Unione Nazionale Imprese a Tutela del Credito) svolto a Roma il 12 maggio, dalla prof. Daniela Vandone dell’Università Statale di Milano, che con il collega prof. Federico Ferretti, della Brunel University di Londra, si sono occupati del “sovra-indebitamento del consumatore”. Le cifre fornite sono piuttosto preoccupanti, legate agli ormai 8 anni di crisi economica, che ha comportato la chiusura di migliaia di aziende e l’aumento del totale dei disoccupati italiani fino alla cifra di 2,9 milioni, dei quali 551 mila giovani al di sotto dei 24 anni.
Sono 38 milioni le posizioni inevase da recuperare. La situazione è ancora molto difficile, nonostante i piccoli miglioramenti economici degli ultimi mesi, e non dovremmo sorprenderci se scopriamo che il “recupero crediti” è diventato una delle attività economiche più importanti per consentire a banche, finanziarie, società di servizi elettrici e telefonici, oltre che di vendite rateizzate di altri beni e servizi, di tornare in possesso di quanto prestato. Accanto alle sofferenze bancarie, sulle quali negli ultimi mesi si è concentrata l’attenzione generale per i 201 miliardi di euro di crediti lordi (le sofferenze “nette” non coperte da accantonamenti, scendono però a 89 miliardi), ci sono infatti i piccoli debitori (famiglie e società di persone): stiamo parlando di un totale di 58,9 miliardi di euro, dei quali 46,9 miliardi verso banche, finanziarie e società di leasing; 7,9 miliardi crediti vantati dal settore utility, energia e telecomunicazioni; 4 miliardi crediti della pubblica amministrazione, commerciali e delle assicurazioni. Questi 60 miliardi di euro si riferiscono a 38,1 milioni di posizioni aperte.
Rispetto ai 60 milioni di abitanti, è come se due persone su tre fossero debitrici di qualcosa.
In realtà, non è proprio così perché – come hanno spiegato al convegno – i 58,9 miliardi totali sono una cifra che è frutto di più anni di accumulo di partite non risolte; e inoltre, capita spesso che un debitore – come vedremo più avanti – vada a complicare la propria posizione estendendo i suoi inevasi, piuttosto che ridurli.
Il “circolo diabolico” del sovra-indebitamento. Le società di recupero credito, infatti, che sono 208 associate a Unirec più alcune indipendenti, lavorano su mandato di banche e società creditrici che affidano loro “pacchetti” di situazioni incagliate. Il mandato dura alcuni mesi e i 20.432 operatori delle stesse società si attivano raggiungendo i soggetti debitori vuoi per telefono, vuoi anche (nel caso delle cifre più alte) facendo visita a casa.
In sé, il valore medio di ogni debito al quale si dà la caccia è piuttosto basso: si tratta infatti di 1.547 euro, frutto di una media di 2.312 euro per i debiti con banche e finanziarie (prestiti e aperture di credito con carte di pagamento o revolving) e invece di 551 euro di debiti con società di gas, luce e telefoni.
Sembrerebbe strano che una famiglia non ce la faccia a saldare 1.500 euro e cessare di essere un “cattivo pagatore”. Ma il punto – purtroppo – è che proprio le famiglie più povere accumulano prima un debito con il fornitore di luce o del gas; quindi non pagano più il cellulare; poi si ritrovano a non pagare l’affitto, a non restituire i soldi alla banca, a non rimborsare le rate per l’auto. Insomma, si innesca quello che viene definito il “circolo diabolico” del sovra-indebitamento dal quale uscire è sempre più difficile.
Sono efficaci le società di recupero credito? Stante la vastità della crisi e l’impoverimento reale anche delle classi medie, queste società fanno comunque fatica a raggiungere risultati considerevoli. A fine 2014 le pratiche aperte erano 40,6 milioni. Nel corso del 2015 ne sono state saldate 15,6 milioni, quasi la metà, ma se ne sono create altre 13 milioni, così che a fine anno il totale è risalito a 38,1 milioni. Il valore recuperato è stato di 9,42 miliardi di euro rispetto al totale di 58,9. In pratica, dopo un massacrante lavoro di ricerca per convincere i debitori ad avviare piani di rientro modulari,
di fatto è rimasto scoperto ancora circa l’80 per cento del debito complessivo.
La conferma viene anche dai dati-macro della crisi: le famiglie italiane in pochi anni hanno visto calare il loro reddito totale disponibile da 272 a 250 miliardi di euro, e di questi hanno dedicato al consumo 246 miliardi. Sono cioè “saltati” una trentina di miliardi di entrate, guarda caso quelli che si sono accumulati nel credito incagliato e ai quali danno la caccia le società di recupero. Purtroppo, per i minori redditi disponibili, imprevidenza e incapacità di pianificare le proprie uscite, molte famiglie sono finite tra i “cattivi pagatori” non essendo riuscite a diminuire le proprie spese, tra cui a volte quelle voluttuarie, oppure per il gioco.
In Italia “solo” il 23,4% delle famiglie è sovra-indebitato. Tra l’altro, una curiosità emersa al convegno è che le famiglie sovra-indebitate in Italia sono il 23,4%, mentre in altri paesi europei più ricchi di noi le percentuali sono ben più alte: ad esempio, in Germania sono il 38,5%, in Francia il 43,6%, in Spagna il 48,6%. Il problema è che l’Italia è sempre stata un paese – ha ricordato la prof. Vandone – poco propenso a indebarsi. Ma chi vi si trova costretto, fa poi più fatica a uscire dalla povertà e il 25,6% di tali famiglie scivolano inesorabilmente “sotto la soglia” statistica, dove c’è la miseria vera. Le regioni dove sono più alti gli affidamenti sono: Lombardia (9,1 miliardi), Sicilia (7,6), Campania (7), Lazio (6,9), Toscana (4,2), e a scendere fino alle più piccole e “virtuose”, che sono Trentino (300 milioni), Molise (200) e Valle d’Aosta (100). In percentuale, il recupero annuo è stato mediamente del 15,9% di quanto affidato. Entrando nel dettaglio dei tipi di debito, i più seri riguardano mutui e crediti al consumo con un valore medio di 4.972 euro: sono 7 milioni di pratiche per le quali il recupero crediti cerca di trovare soluzioni “sostenibili”, altrimenti sarebbero altrettante famiglie sul lastrico e messe fuori dalla propria casa o espropriate dei propri beni (tipo auto, mobili, cellulari ecc.).
Redazione Papaboys (Fonte agensir.it)
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