È di almeno 14 morti e diversi feriti, secondo i media turchi, l’ultimo bilancio degli scontri scoppiati martedì in Turchia durante le proteste contro l’avanzata dei jihadisti dell’Isis nella siriana Kobane, un tempo terza città a maggioranza curda a ridosso del confine con la Turchia. In migliaia sono scesi in piazza per denunciare l’inerzia di Ankara di fronte all’assedio di Kobane, 98 arresti a Istanbul.
Almeno otto persone, stando al sito web del giornale Hurriyet, sono rimaste uccise a Diyarbakır, dove oggi le scuole resteranno chiuse. Un ragazzo di 25 anni è morto a Varto, nell’est del Paese, dove si sono registrati scontri tra manifestanti e polizia. Due persone sono morte nel distretto di Kurtalan, nel sudest, altrettante nel distretto di Dargecit, sempre nel sudest, e un manifestante è morto a Batman. A Istanbul si è registrato un attacco con molotov contro un bus nel distretto di Beyoglu e almeno una persona è rimasta ferita dopo l’intervento della polizia contro un gruppo di manifestanti nel distretto di Kadikoy. Tensioni anche nel distretto di Bagcilar. Ad Ankara la polizia è intervenuta con lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere una protesta. Manifestazioni si sono registrate martedì in tutte le principali città della Turchia, comprese Antakya e Antalya. In alcuni distretti di sei province turche è stato imposto il coprifuoco.
Erdogan: «Urge un blitz di terra». Kobane “è sul punto di cadere” nelle mani dei jihadisti, ha affermato il presidente turco Recep Tayyp Erdogan. “Il terrorismo non sarà fermato dai raid aerei e fintanto che noi non collaboreremo in vista di un’operazione di terra d’intesa con coloro che già combattono sul terreno”, ha aggiunto sollecitando la comunità internazionale a cambiare strategia. “Sono passati mesi senza che alcun risultato sia stato ottenuto”, ha insistito.
Le condizioni poste da Ankara. La Turchia pretende fra l’altro dagli Usa un impegno per la futura rimozione del presidente siriano Bashar al-Assad – e l’introduzione di una no fly zone sulla Siria – in cambio di un suo intervento diretto contro l’Isis a Kobane, che dista pochi chilometri dal confine turco. Il governo turco è peraltro accusato da più parti di avere sostenuto, o quanto meno favorito, negli ultimi anni le milizie islamiche in Siria – jihadisti compresi – all’interno del fronte anti-Assad, dopo la rottura di Erdogan con il governo un tempo alleato di Damasco.
A Kobane almeno 400 vittime. Sono oltre 400 i morti accertati nella battaglia di Kobane, da quando l’Isis ha lanciato un’offensiva per conquistarla, il 16 settembre. Lo afferma l’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), aggiungendo che il numero reale potrebbe essere il doppio. I morti sono 219 jihadisti, 164 combattenti curdi che difendevano la città, 9 membri di milizie loro alleate e 20 civili, quattro dei quali sono stati decapitati dall’Isis.
Manifestanti curdi irrompono all’Europarlamento. Un centinaio di manifestanti curdi hanno fatto irruzione martedì nella sede del Parlamento europeo a Bruxelles per sollevare l’attenzione sulla situazione di Kobane in Siria. L’irruzione ha provocato otto feriti tra le forze di sicurezza. I manifestanti brandivano bandiere con il volto del leader del Partito dei lavoratori curdi (Pkk), Abdullah Ocalan.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Avvenire
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