La notizia, di sicuro assai preoccupante, va anche inquadrata nel clima generale, dell’attuale situazione politica che si vive in Turchia, anch’esso per nulla rassicuranti. L’arroganza di Erdogan sembra non aver freni. Dopo aver limitato i danni alle ultime elezioni amministrative – vessate dagli scandali di diffusa corruzione, scoppiati il 17 dicembre del 2013, con il coinvolgimento di personaggi dell’Akp e familiari dello stesso Primo ministro – egli pensa di candidarsi alla Presidenza della repubblica nell’agosto del 2014. Tali elezioni avverranno con diretto suffragio universale. Erdogan però non sembra avere i numeri. Dopo le ultime amministrative, per ottenere la vittoria gli mancherebbero circa il 5%. Per questo deve fare appello a tutto quel substrato della società turca che da sempre ha identificato l’essere turco con l’islam. Un altro fatto importante che colpisce gli osservatori è il seguente: nella storia degli affari politici turchi, non è casuale che ogni qualvolta si vuol far passare un’importante mozione, questa viene sempre presentata da un deputato semi sconosciuto ed indipendente, onde poter sondare le possibili reazioni interne ed esterne alla mozione presentata. Le “reazioni esterne”, dovrebbero essere quelle del mondo occidentale e “cristiano” in generale, che ben conoscono l’importanza geopolitica e strategica della Turchia, un vero e proprio snodo dei gasdotti di varia provenienza, divenuti ancora più importanti oggi mentre si cerca di limitare la preponderanza russa. Per far ingoiare l’amaro calice della trasformazione di Santa Sofia in moschea, il governo dell’Akp si prepara ad offrire come “dolcificante” la riapertura della Scuola teologica di Chalki, chiusa dal governo turco nel 1971 in modo ingiustificabile, un “baratto” molto acclamato dai politici occidentali. A tale “baratto” si è sempre opposto il Patriarcato Ecumenico. Anzi, lo stesso patriarca ecumenico Bartolomeo si è sempre opposto alla trasformazione della basilica di Santa Sofia in moschea. Per quanto riguarda le reazioni interne, in Turchia esse sono oramai proibite. Da queste parti il silenzio è divenuto d’ obbligo.
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