La Solennità di Tutti i Santi, nota anche come Ognissanti, celebra insieme la gloria e l’onore di tutti i Santi, canonizzati e non. È festa di precetto.
La Solennità di Tutti i Santi, nota anche come Ognissanti (in latino: Festum Omnium Sanctorum), celebra insieme la gloria e l’onore di tutti i Santi, canonizzati e non: è destinata ad onorare quindi non solo i santi propriamente detti, ma anche tutti i fratelli che ci hanno preceduto su questa terra e che ora, in Cielo, vedono il volto di Dio.
Quindi, i santi, sono i modelli che dobbiamo seguire e invocare nel nostro cammino di santità che ci permetterà un giorno di godere delle gioie del Paradiso.
Questa festa di speranza, che ci ricorda appunto qual è l’obiettivo della nostra vita, ha radici antiche: nel IV secolo inizia a essere celebrata nelle Chiese orientali come commemorazione dei martiri, comuni a diverse Chiese.
Le prime tracce di questa celebrazione sono state rinvenute ad Antiochia nella domenica successiva alla Pentecoste e di essa ci parla già San Giovanni Crisostomo.
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Tra l’VIII e il IX secolo la festa si comincia a diffondere anche in Europa, e a Roma specificamente nel IX: qui sarà Papa Gregorio III (731-741) a scegliere come data il 1 Novembre per farla coincidere con la consacrazione di una cappella in San Pietro dedicata alle reliquie “dei Santi apostoli e di tutti i Santi martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo ”.
All’epoca di Carlo Magno questa festa è già largamente conosciuta come occasione in cui la Chiesa, ancora peregrinante e sofferente sulla Terra, guarda al cielo, dove risiedono i suoi fratelli più gloriosi.
Festeggiare tutti i santi è guardare e prendere come esempio di vita coloro che già posseggono l’eredità della gloria eterna. Quelli che hanno voluto vivere della loro grazia di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre vivificasse ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore. I santi contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione.
Sono i fratelli maggiori che la Chiesa ci propone come modelli perché, peccatori come ognuno di noi, tutti hanno accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, attraverso i loro desideri, le loro debolezze, le loro sofferenze, e anche le loro tristezze.
Quindi, nonostante le “notti”, attraverso le purificazioni costanti che l’amore esige per essere vero amore, e a volte al di là di ogni speranza umana, hanno voluto lasciarsi bruciare dall’amore e scomparire affinché Gesù fosse progressivamente tutto in loro.
È Maria, la Regina di tutti i Santi, che li ha instancabilmente riportati a questa via di povertà, è al suo seguito che essi hanno imparato a ricevere tutto come un dono gratuito del Figlio; è con lei che essi vivono attualmente, nascosti nel segreto del Padre.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ricorda che con questa espressione si intendono due realtà: la comunione alle cose sante e la comunione tra le persone sante (n. 948).
Mi soffermo sul secondo significato: si tratta di una verità tra le più consolanti della nostra fede, poiché ci ricorda che non siamo soli ma esiste una comunione di vita tra tutti coloro che appartengono a Cristo.
Una comunione che nasce dalla fede; infatti, il termine “santi” si riferisce a coloro che credono nel Signore Gesù e sono incorporati a Lui nella Chiesa mediante il Battesimo. Per questo i primi cristiani erano chiamati anche “i santi” (cfr At 9,13.32.41; Rm 8,27; 1 Cor 6,1).
1. Il Vangelo di Giovanni attesta che, prima della sua Passione, Gesù pregò il Padre per la comunione tra i discepoli, con queste parole: «Perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato
» (17,21). La Chiesa, nella sua verità più profonda, è comunione con Dio, familiarità con Dio, comunione di amore con Cristo e con il Padre nello Spirito Santo, che si prolunga in una comunione fraterna. Questa relazione tra Gesù e il Padre è la “matrice” del legame tra noi cristiani: se siamo intimamente inseriti in questa “matrice”, in questa fornace ardente di amore, allora possiamo diventare veramente un cuore solo e un’anima sola tra di noi, perché l’amore di Dio brucia i nostri egoismi, i nostri pregiudizi, le nostre divisioni interiori ed esterne. L’amore di Dio brucia anche i nostri peccati.2. Se c’è questo radicamento nella sorgente dell’Amore, che è Dio, allora si verifica anche il movimento reciproco: dai fratelli a Dio; l’esperienza della comunione fraterna mi conduce alla comunione con Dio. Essere uniti fra noi ci conduce ad essere uniti con Dio, ci conduce a questo legame con Dio che è nostro Padre. Questo è il secondo aspetto della comunione dei santi che vorrei sottolineare: la nostra fede ha bisogno del sostegno degli altri, specialmente nei momenti difficili. Se noi siamo uniti la fede diventa forte. Quanto è bello sostenerci gli uni gli altri nell’avventura meravigliosa della fede! Dico questo perché la tendenza a chiudersi nel privato ha influenzato anche l’ambito religioso, così che molte volte si fa fatica a chiedere l’aiuto spirituale di quanti condividono con noi l’esperienza cristiana. Chi di noi tutti non ha sperimentato insicurezze, smarrimenti e perfino dubbi nel cammino della fede? Tutti abbiamo sperimentato questo, anch’io: fa parte del cammino della fede, fa parte della nostra vita. Tutto ciò non deve stupirci, perché siamo esseri umani, segnati da fragilità e limiti; tutti siamo fragili, tutti abbiamo limiti. Tuttavia, in questi momenti difficoltosi è necessario confidare nell’aiuto di Dio, mediante la preghiera filiale, e, al tempo stesso, è importante trovare il coraggio e l’umiltà di aprirsi agli altri, per chiedere aiuto, per chiedere di darci una mano. Quante volte abbiamo fatto questo e poi siamo riusciti a venirne fuori dal problema e trovare Dio un’altra volta! In questa comunione – comunione vuol dire comune-unione – siamo una grande famiglia, dove tutti i componenti si aiutano e si sostengono fra loro.
3. E veniamo a un altro aspetto: la comunione dei santi va al di là della vita terrena, va oltre la morte e dura per sempre. Questa unione fra noi, va al di là e continua nell’altra vita; è una unione spirituale che nasce dal Battesimo e non viene spezzata dalla morte, ma, grazie a Cristo risorto, è destinata a trovare la sua pienezza nella vita eterna. C’è un legame profondo e indissolubile tra quanti sono ancora pellegrini in questo mondo – fra noi – e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare nell’eternità. Tutti i battezzati quaggiù sulla terra, le anime del Purgatorio e tutti i beati che sono già in Paradiso formano una sola grande Famiglia. Questa comunione tra terra e cielo si realizza specialmente nella preghiera di intercessione.
Cari amici, abbiamo questa bellezza! È una realtà nostra, di tutti, che ci fa fratelli, che ci accompagna nel cammino della vita e ci fa trovare un’altra volta lassù in cielo. Andiamo per questo cammino con fiducia, con gioia. Un cristiano deve essere gioioso, con la gioia di avere tanti fratelli battezzati che camminano con lui; sostenuto dall’aiuto dei fratelli e delle sorelle che fanno questa stessa strada per andare al cielo; e anche con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle che sono in cielo e pregano Gesù per noi. Avanti per questa strada con gioia!
O spiriti celesti e voi tutti Santi del Paradiso, volgete pietosi lo sguardo sopra di noi, ancora peregrinanti in questa valle di dolore e di miserie.
Voi godete ora la gloria che vi siete meritata seminando nelle lacrime in questa terra di esilio. Dio è adesso il premio delle vostre fatiche, il principio, l’oggetto e il fine dei vostri godimenti.
O anime beate, intercedete per noi! Ottenete a noi tutti di seguire fedelmente le vostre orme, di seguire i vostri esempi di zelo e di amore ardente a Gesù e alle anime, di ricopiare in noi le virtù vostre, affinché diveniamo un giorno partecipi della gloria immortale. Amen.
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