Non sembra un caso che Papa Francesco, prima di partire alle 14 di oggi per la Polonia, abbia incontrato in Vaticano un gruppo di disabili e alcuni giovani rifugiati. Non sembra un caso che nel primo discorso pronunciato al castello di Wawel, poco più di tre ore dopo, il messaggio centrale delle sue parole sia quello dell’accoglienza, dell’inclusione, della misericordia (e non solo perché siamo ancora nell’anno giubilare straordinario), in una parola dell’umanità.
Papa Bergoglio conosce l’importanza della memoria per la nazione polacca e la rispetta perché essa ha tenuto unito questo popolo nel corso dei secoli; «la concordia – come ha detto riferendosi ai recenti festeggiamenti per il 1050° anniversario del Battesimo del paese – pur nella diversità delle opinioni, è la strada sicura per raggiungere il bene comune dell’intero popolo polacco». Conoscere se stessi, avere una piena consapevolezza della propria identità è un primo passo imprescindibile per poter avviare il dialogo con l’altro, con chi ha una storia diversa e un altro patrimonio identitario, ma il pericolo che in questi casi può annidarsi dietro l’angolo è quello di trincerarsi nella propria identità, tenendo a mente solo i torti che si sono subiti nel passato rendendo di conseguenza miope il proprio sguardo sulle angherie che i nostri simili e vicini subiscono e che noi potremmo invece alleviare.
«Nella vita quotidiana di ogni individuo, come di ogni società, vi sono però due tipi di memoria: buona e cattiva, positiva e negativa. La memoria buona è quella che la Bibbia ci mostra nel Magnificat, il cantico di Maria, che loda il Signore e la sua opera di salvezza. La memoria negativa è invece quella che tiene lo sguardo della mente e del cuore ossessivamente fissato sul male, anzitutto su quello commesso dagli altri. Guardando alla vostra storia recente, ringrazio Dio perché avete saputo far prevalere la memoria buona».
La Polonia è riuscita a superare gli spettri del proprio passato; le prove alle quali è stata sottoposta l’hanno unita e proprio da questa unità è stato possibile perdonare coloro che hanno portato sofferenza e lutti: «così la nobile nazione polacca mostra come si può far crescere la memoria buona e lasciar cadere quella cattiva. Per questo si richiede una salda speranza e fiducia in Colui che guida i destini dei popoli, apre porte chiuse, trasforma le difficoltà in opportunità e crea nuovi scenari laddove sembrava impossibile». Pertanto, in questo virtuoso esempio di rinascita e crescita dal dolore, è evidente che «la consapevolezza del cammino compiuto e la gioia per i traguardi raggiunti danno forza e serenità per affrontare le sfide del momento, che richiedono il coraggio della verità e un costante impegno etico, affinché i processi decisionali e operativi come pure le relazioni umane siano sempre rispettosi della dignità della persona. Ogni attività ne è coinvolta: anche l’economia, il rapporto con l’ambiente e il modo stesso di gestire il complesso fenomeno migratorio». Ecco la vera sfida di questo momento storico che l’Europa deve affrontare e la Polonia – facendo parte di essa non solo dal punto di vista geografico – è chiamata a fare la sua parte portando il suo esempio. La sfida che le nazioni europee stanno affrontando con il fenomeno migratorio è una sfida innanzitutto con loro stesse, con le loro paure del diverso, dell’altro; paure che troppo spesso – nell’ansia di voler giustamente prevenire e impedire attacchi di matrice terroristica che le stanno colpendo – rischiano di fare di tutta l’erba un fascio, di considerare pericoloso chiunque attraversa i confini, in nome di un troppo vago e inconsistente “non si sa mai”, alimentando in questo modo un pericoloso circolo vizioso di diffidenza e tensione.
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Papa Francisco en el Castillo de Wawel.
Encuentro con el Presidente Andrzej Duda. pic.twitter.com/ny9c8xtgxD— Adrian G (@HadrianusGtz) 27 luglio 2016
A tutto ciò Papa Francesco propone un’alternativa: anzitutto è necessario un supplemento di saggezza e misericordia, quindi capacità di discernere e compatire, immedesimarsi nell’altro e «al tempo stesso, occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede. Nello stesso tempo vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre, che costringono tante persone a lasciare le loro case e la loro patria.
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Si tratta così di fare il possibile per alleviare le loro sofferenze, senza stancarsi di operare con intelligenza e continuità per la giustizia e la pace, testimoniando nei fatti i valori umani e cristiani». Sono questi i primi semi che troveranno humus in cui attecchire, e questi terreni fertili sono le centinaia di migliaia di giovani che stanno partecipando a questa XXXI edizione della Giornata Mondiale della Gioventù: la politica e le altre strutture sociali dovranno contare sulle loro entusiastiche e inesauribili energie per poter vincere ancora una volta le sfide già apparse all’orizzonte.
di Francesco Gagliano per ‘Il Sismografo’