Complici le ultime efferate vicende di Ylenia e del duplice omicidio di Pontelangorino, Rosario Fiorello interviene con forza per dire basta alle ore di trasmissione che la Tv generalista ci propina su cronaca nera con tanto di schizzi di sangue e lacrime. Il comico si rivolge ai piani alti dei palinsesti per chiedere loro di dare meno ascolto all’ascolto e più ascolto di più ascolto alla dignità della persona. Però siamo sicuri che la colpa di questo degrado sia solo dei vari Antonio Campo Dall’Orto, Piersilvio Berlusconi e Urbano Cairo?
Quei programmi con le loro asce sanguinanti, le ricostruzioni in plastico della casa dell’omicidio, le lacrime di chi si è visto strappare tutto e ancora non ha visto il cadavere del suo caro ma ha già un microfono sotto il naso, tutto questo, insomma, non ci viene trasmesso perché i dirigenti Rai o Mediaset non sappiano fare i palinsesti ma, al contrario, proprio perché li sanno fare. Sono signori che sanno fare molto bene il loro lavoro altrimenti non starebbero dove stanno.
È dagli anni 80 che sento parlare di televisione commerciale. Cioè di un prodotto che non sarebbe più al servizio della società, che non sarebbe più mezzo di elevazione culturale o di informazione del cittadino come la RAI di Bernabei ma sarebbe “commerciale”, cioè pensato per vendere, per piazzare dei prodotti e parlare quindi non a degli spettatori ma a dei consumatori. E non penso solo alla vendita degli spazi pubblicitari tra un programma e l’altro ma del programma stesso che ha valore o meno solo se fa vendere di più i propri spazi pubblicitari. Diciamocelo chiaramente: se lo share è il problema vuol dire che il problema siamo noi. Perché la tv siamo noi, non viale Mazzini.
Basterebbe non guardarle, queste trasmissioni grondanti lacrime e sangue, e nel giro di due giorni cambierebbe tutto, stiamo tranquilli. È un continuo di trasmissione e serie televisive che chiudono. Il problema, per fare un nome, non è Barbara D’Urso, ma sono quelli che guardano i programmi che lei conduce. Smettiamo di guardarli, facciamo crollare il gradimento, usiamo il telecomando non per governare volume o contrasto ma per governare i contenuti di quello che guardiamo. Spegnere o cambiare canale è il nostro potere. Le offerte televisive sono sempre più ricche e differenziate e quindi il nostro divano è una vera e propria sedia del CdA della Rai: possiamo decidere noi il prossimo palinsesto. Non facciamo come quelli che si lamentano dello stato e non pagano le tasse: il telecomando nelle nostre mani è la vera stanza dei bottoni. Cairo, Fiorello, D’Urso e Berlusconi sono al nostro guinzaglio. Non noi al loro.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da IlFaroDiRoma