Ucraina: il braccio di ferro tra Putin e Obama

Forze oscure e potenti si sono mosse in questi ultimi giorni in Maidan Nezalezhnosti a Kiev e, attraverso i loro esecutori, hanno finalmente rivelato le vere intenzioni che le persone più accorte avevano già compreso. Ciò che è realmente in pericolo, oltre all’integrità territoriale di una nazione sovrana, è la possibilità di ponderare un modello di società alternativo al Pensiero Unico imperante, un modello che preveda ancora “l’essere umano” – con i suoi bisogni e aspirazioni – come il fulcro dell’azione politica. Dietro ai turpi  “Maidan puppets” abbiamo due modi antitetici di vedere il mondo: da un lato c’è Vladimir Putin, l’uomo che ha ricostruito la Russia – dopo che il decennio Eltsin aveva relegato il Paese al rango di protettorato americano, con un manipolo di oligarchi filo-occidentali che saccheggiò metà della ricchezza nazionale – seguendo un modello che privilegia le risorse e il benessere nazionale, non disgiunti da una visione comune e condivisa – e non per questo demodé – della famiglia e della società civile; dall’altro abbiamo il binomio Stati Uniti – Unione Europea, i tedofori del Washington Consensus e delle grandi corporations economico-finanziarie globali – per le quali l’uomo è un mero oggetto-merce funzionale al loro profitto – portatori della retorica dei “diritti cosmetici” e della “famiglia algebrica”. La crisi ucraina – come si ricorderà – è iniziata con il rifiuto del presidente Yanukovich di aderire all’Accordo di Libero Scambio (DCFTA) di fine novembre a Vilnius; sono seguite giornate convulse nelle quali la cosidetta “Euromaidan”

si è popolata magicamente di persone, spesso reclutate per pochi dollari l’ora, con migliaia di vessilli UE nuovi di zecca spuntati da chissà dove… “Dietro garria co’l vento l’Imperial bandiera”. Questo è il periodo in cui vengono seguiti i dettami del celeberrimo “Manuale Sharp” e le “proteste” seguono un andamento intimidatorio e meno violento, tralasciando le occupazioni e le scorribande delle squadracce di “Svoboda”. La “proposta” europea – assolutamente irricevibile per un paese normale, figuriamoci per l’attuale Ucraina – avrebbe consegnato il Paese, all’orda mondialista già in fiduciosa attesa.

A  rovinare loro i piani è arrivato Putin – proprio lui – il Mostro, che si è permesso di negare un “radioso e prospero avvenire” al nobile popolo ucraino; è successo che, verso la metà del dicembre scorso, il presidente russo hastaccato un assegno da 15 miliardi di dollari per consentire al Paese di salvarsi dalla bancarotta ed ha ridotto il prezzo del gas da 400 a 268,5 dollari per metri cubi, surrogando con i fatti le biascicate promesse di aiuto finanziario dell’Unione Europea, sempre subordinate, va da sé, alle famose “riforme strutturali”. Apriti cielo! Tutti i politici europei e americani si sono stracciate le vesti accusando la Russia di voler ricostituire una nuova Unione Sovietica, di voler interferire nelle vicende interne di un Paese sovrano, aiutati in questo dalla zelante opera di “informazione” dei media occidentali; sono veramente bizzarre e senza pudore le accuse di ingerenza nei riguardi di Putin, quando questo stuolo di cortigiani si è presentato sulla piazza – un giorno sì e l’altro pure – con “l’opposizione” per contestare un governo democraticamente eletto su una legittima decisione in materia economica; “Democraticamente Eletto” si badi bene, perché questo è un concetto che deve essere sempre rimarcato con forza, indirizzato soprattutto verso il codazzo di lacchè e opportunisti – specie nel “semenzaio” italiano –  che blaterano di “dittatura”. Coloro i quali hanno ironizzato sulle parole di Putin – che motivava l’aiuto concesso con il sentimento di fratellanza russo-ucraino – dovrebbero studiarsi la storia della Russia, ne trarrebbero utili ammaestramenti: apprenderebbero che i primi nuclei della civiltà russa nascono verso la fine del IX secolo proprio intorno a Kiev, entro i confini di uno stato che prese il nome di “Rus’ di Kiev”

e tale legame è sempre rimasto molto forte, fatta forse eccezione per i territori più vicini alla Polonia.

Nel suo libro “L’inganno e la paura” (2009), Pino Arlacchi fa una serie di interessanti osservazioni: “[…] Nella destra e nella sinistra europee dilaga oggi la moda del ‘Putin-bashing’. Dare addosso al Primo Ministro/Presidente russo e al suo – non importa quanto vero o presunto – autoritarismo è uno sport iniziato nel 1999, con il suo arrivo al vertice della Russia[…] La Russia odierna è una democrazia capitalistica che nel corso degli anni Novanta ha assistito senza reagire al distacco di numerose regioni della federazione che essa stessa guidava, e al crollo dei regimi comunisti nella sua zona d’influenza in Europa orientale.Trasformare la Russia in una minaccia alla sicurezza mondiale inventandone spinte imperialistiche e pulsioni antioccidentali, spingendo la NATO fino ai suoi confini, provocandola con l’installazione di basi antimissilistiche in Polonia o nella Repubblica Ceca, o istigando e armando contro di essa stati confinanti come la Georgia significa mettere in pratica il grande inganno a spese di tutti noi[…]”.

Putin avrà sicuramente dei difetti e le iniziative che ha compiuto saranno state valutate in base a futuri riscontri politico-economici ma, trovando conforto nelle parole di Arlacchi, le accuse mosse al Cremlino sanno di rancido: se c’è qualcuno che può permettersi di parlare di fratellanza slava questo è proprio un figlio di quelle lande, non certo un Kerry, o un Barroso con le sue incartapecorite scartoffie, nelle quali i concetti di “fratellanza” e “democrazia” sono derubricati a puro lemma. Basti vedere il malcelato livore e l’acredine di cui politici e media occidentali hanno fatto mostra nell’approcciarsi e nel presentare le Olimpiadi invernali di Sochi per comprendere quanto la nuova Russia dia fastidio;  si è parlato di sperpero di denaro pubblico per un’ostentazione di potenza degna di uno zar,  della defezione di Obama –  a cui ha fatto seguito quella del caudatario Hollande e degli altri “valletti di palazzo”-  per le “discriminazioni” che il Cremlino eserciterebbe nei confronti dei “diritti degli omosessuali”, e delle immancabili Pussy Riot. Molto più gravi e volte chiaramente a creare un artificioso clima di tensione sono state le notizie apparse sui media anglosassoni: a fine gennaio, il governo inglese avvertiva “che attentati in Russia (dopo l’attacco a Volgograd di dicembre) molto probabilmente si verificheranno prima o durante le Olimpiadi invernali di Sochi“. (BBC, 27 gennaio 2014); anche la CNN contribuiva ad alzare il polverone e pubblicava tempestivamente i risultati di un “autorevole” sondaggio d’opinione (su un campione esiguo di 1000 persone): “il 57% degli statunitensi pensa che un attacco terroristico sia probabile per i Giochi di Sochi”. Oltre al prestito e allo sconto sul gas, Putin ha anche firmato 14 accordi che stabiliscono il quadrogiuridico per progetti nell’hi-tech (spazio, aeronautica, energia nucleare) e un nuovo porto multimodale sullo Stretto di Kerch; per tutta risposta il Ministro degli Esteri svedese Carl Bildt ha dichiarato che “ i prestiti di emergenza russi rischiano di ritardare ulteriormente le urgenti riforme economiche e la necessaria modernizzazione dell’Ucraina nell’UE. Il declino potrebbe continuare” (…continua…). di Riccardo Seremedi

* Da Riccardo Seremedi riceviamo e pubblichiamo questa nuova puntata della sua accurata cronaca delle vicende Ucraine: raramente qualcuno si farà carico, specie in Italia, di una ricostruzione così profonda e documentata. Si esce dal “sentito dire” e dalla “rimozione” suggestiva dei media e si connettono fatti pubblici ma “oscurati”, dichiarazioni ufficiali, inchieste giornalistiche e tracce della diplomazia , collocando gli eventi in uno scenario impressionante.

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