Tra malati e detenuti
Nel 2014, il Pontefice argentino si era recato nel quartiere romano di Casalotti-Boccea con i ragazzi della Fondazione Don Carlo Gnocchi – Centro Santa Maria della Provvidenza, struttura per l’accoglienza, assistenza e riabilitazione di persone non autosufficienti, affette da disturbi psichici e con presenza di gravi patologie invalidanti. Nel 2015, invece, era andato a Rebibbia, il famoso penitenziario romano, accolto da una folla di carcerati in festa, ai quali aveva detto: “L’amore di Gesù non delude mai perché lui non si stanca di amare, come non si stanca di perdonarci, di abbracciarci”.
Subito dopo aveva lavato i piedi dodici detenuti e detenute. Nel 2016 ancora un momento intenso con la celebrazione presieduta al C.A.R.A. (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) a Castelnuovo di Porto, fuori Roma, che ospitava allora circa 890 migranti di diverse nazionalità.
A dodici di loro, Papa Francesco aveva lavato i piedi. Gesto che, alla luce degli attacchi terroristici che quell’anno deturpavano il volto dell’Europa, spiegò con le seguenti parole: “Tutti noi, insieme, musulmani, indi, cattolici, copti, evangelici, fratelli, figli dello stesso Dio, che vogliamo vivere in pace, integrati”.