Umani come Dio

Per chi riceve una particolare vocazione è chiamato a riflettere più spesso sul mistero dell’incarnazione, cardine della nostra fede cristiana: Dio si è fatto uomo in Cristo Gesù. Se Dio ha voluto prendere la nostra stessa natura umana questo vuol dire che prima di scoprirci sacerdoti, missionari o genitori dobbiamo scoprirci uomini. Una vocazione per essere vissuta in pienezza richiede una formazione umana seria e impegnativa. Non basta indossare un abito per essere qualcuno né farsi chiamare in un certo modo, non bastano nemmeno le grandi opere né i discorsi ben fatti, ma una personalità riconciliata con se stessa e con gli altri. Prima di essere consacrati a Dio, dobbiamo essere uomini veri e umili. Essere umili del resto significa essere se stessi, trovare la propria dimensione quindi essere nella verità. Non si può parlare di Dio agli uomini se prima di tutto non si parla con gli uomini. Non si può parlare di fede, vita eterna, risurrezione, santi, angeli ecc… se prima non conosco il senso della vita, le sofferenze di tanti giovani, le angosce di adulti delusi, le ingiustizie che dilagano nelle nostre città. Non posso servirmi del Dio tappabuchi se prima non vivo la dimensione umana delle sane relazioni, della solidarietà, della lealtà, del sacrificio, della conoscenza di se stessi, della comprensione. Se non diventiamo pienamente umani risulteremo dis-umani infangando così lo stesso Volto di Dio, che per amore si è fatto come noi. Lui ha tagliato le distanze, noi invece tante volte le estendiamo accomodandoci su comode poltrone e riducendo la fede a cose da dire o fare, senza che il cuore si scaldi o la vita cambi.

Prendo in prestito un estratto del discorso di papa Francesco alle monache di clausura di Assisi, ma che possiamo applicare a preti, vescovi, missionari, genitori, ecc.. Non consacrati chiusi nel clericalismo o sul piedistallo, nemmeno spiritualisti senza cuore, ma uomini sedotti da Cristo. “Quando una suora va per la strada della contemplazione di Gesù Cristo, della preghiera e della penitenza con Gesù Cristo, diventa grandemente umana. Le suore di clausura sono chiamate ad avere grande umanità, un’umanità come quella della Madre Chiesa; umane, capire tutte le cose della vita, essere persone che sanno capire i problemi umani, che sanno perdonare, che sanno chiedere al Signore per le persone. La vostra umanità. E la vostra umanità viene per questa strada, l’Incarnazione del Verbo, la strada di Gesù Cristo. E qual è il segno di una suora così umana? La gioia, la gioia, quando c’è gioia …. Non idee astratte, non idee astratte, perché seccano la testa. La contemplazione delle piaghe di Gesù Cristo! E le ha portate in Cielo, e le ha! E’ la strada dell’umanità di Gesù Cristo: sempre con Gesù, Dio-uomo”. di Roberto Oliva

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  • Bell'articolo. Permettimi però di dire che così è evidente un equivoco. Riducendo il fondamento della fede salda nell'umanità personale realizzata si rischia di far intendere che anche un ateo o un musulmano, ad esempio, possano essere buoni "cittadini" e "uomini" senza scontrarsi con l'errore della propria condotta, intrinsecamente errata perchè fuori dall'Unica, Vera, Chiesa Cattolica Apostolica Romana, che non si basa sugli uomini...

  • Grazie per la cortese segnalazione, però non intendevo ridurre la fede nell'umanità. E comunque se secondo te esiste il rischio che un ateo non può essere buon cittadino o buon uomo, ti invito a leggere i testi conciliari che sono ben chiari in merito; in particolare: LG 16, GS 16,21.

  • Ringrazio te per il fruttuoso confronto che ci dai la possibilità di fare, anche con la nostra coscienza. Vorrei però domandarti a quale concilio tu ti riferisca riguardo ai testi da te citati. Gli atei, per cecità spirituale, non vogliono conoscere Dio il quale, come dice il Doctor Angelicus, è possibile conoscere partendo dal creato stesso. E' esplicita l'ignoranza degli atei in questo senso, i quali non possono dunque neppure rettamente considerare il concetto di "umanità", considerato da loro come fine a se stesso.

  • Viste le sigle dei documenti mi riferisco al concilio ecumenico vaticano II. Il concetto di umanità è comune a credenti e non, anche se per noi credenti il concetto si eleva proprio per l'incarnazione di Dio.

  • Ti ringrazio per la precisazione. Convengo con te riguardo la comunanza del concetto tra noi e i non cattolici, tuttavia è palese l'enorme divario tra le due concezioni.

  • L'importante è che entrambe portino a Dio. Leggi cmq bene i testi del concilio, le mie parole contano poco.

  • "Extra Ecclesiam nulla salus". Mi permetto di ricordarti che questa è verità, dogma di fede. Leggi a tal proposito l'art. 114 del Catechismo del Concilio di Trento sulla cattolicità, insieme al sillabo di Pio IX, soprattutto la proposizione XVI; negli articoli 169, 171, 172 ribadiscono la stessa cosa, unitamente a Lumen Gentium 14 del secondo Concilio Vaticano. Il catechismo di Giovanni Paolo II non dice differentemente negli articoli 816, 819, 846-848. L'affermazione che entrambe le strade portino a Dio è profondamente errata, in quanto contro la verità della Fede come è sancita dalla Chiesa Cattolica Romana.

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